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lunedì 27 febbraio 2017

La nostra beetroot cake con glassa alla patata dolce per il Club del 27




Com'è bello cucinare insieme.
Condividere idee, pensieri ed esperimenti.
Ritrovare una complicità che si era persa tra i fili della rete e la corsa a chi fa più click.

Nella farcia della Devil ci va lo zucchero?
La crema della Alabama Lane è così liquida?
Perchè la mia beetroot non è rossa?
Posso personalizzare la mia torta?
Posso renderla light?

Tutti problemi risolti nel giro di minuti, quando lo spirito di condivisione si ritrova e il lavoro di squadra senza concorrenze (che poi concorrenze di che?) diventa il nucleo di un progetto che abbiamo abbracciato subito.

Noi a cucinare in compagnia siamo abituati.
È cucinare e condividere insieme a più di 50 persone che non mi sarei mai aspettata in vita mia. Non nella stessa cucina, ovviamente, nella mia già in tre cen'è uno in più e in genere quello è il Doc.
Tutto questo è inevitabile quando sei a contatto con una persona che non sa stare un attimo ferma e le cui idee escono fuori dalla sua testa come lava da un vulcano. Parlo ovviamente di Alessandra, che, come se non fosse abbastanza avere un blog suo, l'MTChallenge, lo Starbooks e una vita, ha ben pensato di inventarsi questa geniale cosa che è il 

Club del 27. #onlyforthebraves


 Il Club è nato appunto per ritrovare questo spirito di condivisione e divertimento del cucinare insieme, rispolverando le ricette dei vecchi "Tema del Mese" del MTChallenge.
A organizzare tutto ciò, ci sono le splendide Ilaria, curatrice del tema del mese, Franci, autrice del disegno di banner e tessera e delle vignette di ogni sfida, e Valentina, che non ha bisogno di parole per essere presentata.

Il mio compagno di blog si è affrettato a chiedere di entrare nel progetto. Conscendo la Ale, ci sarà da divertirsi, ha pensato. Non si è neanche degnato di chiedere cosa ne pensavo, ma probabilmente mi conosce abbastanza da sapere la risposta.

Ma...il tema sono le torte americane a strati. Io devo evitare i latticini e lui detesta le torte glassate. Perfetto.
Allora sceglie la beetroot cake, l'unica che nel documento in origine non ha glasse, né strati, né farce e "perchè dopo la frittura un po' di verdura ci vuole". E invece bisognava rispettare il tema e stratificarla e farcirla, in qualsiasi modo, ma andava fatto.
Senza latticini. Beetroot cake. In altri tempi l'avrei farcita di panna e ciliegie, come una sorta di black forest. E poi la barbabietola, l'unica cosa che proprio non mi piace, pur essendo di mente molto aperta sul cibo. Proprio non ce la faccio. Mentre la grattuggiavo mi chiedevo se mai avessi avuto il coraggio di assaggiare il dolce.

Trovare una farcia senza derivati del latte è stato l'altro "dramma". Pensa che ripensa, cerca che ricerca... ogni cosa che trovavamo o conteneva derivati del latte, o uova crude o semi crude (che in India no, grazie), o gelatina (che il Doc detesta).
A risolverci il problema è stata la newsletter di The Nosher, sito di cucina ebraica al quale il doc è iscritto. Quella mattina, l'email ricevuto proponeva una ricetta di una glassa Parve (quindi senza latticini), contenente solo due ingredienti: Patata dolce americana e cioccolato.
La ricetta in origine richiedeva puré di patata dolce in scatola e la consistenza della ricetta era troppo poco densa per quello che a noi serviva, per cui abbiamo deciso di modificarla nelle proporzioni e partire dalle patate fresche.

Sentite, io mi sono ricreduta e anche ai bambini è piaciuta. Abbiamo fatto il quiz indovina gli ingredienti segreti e non ci sono arrivati. È piaciuta anche a noi, che non sono amante dei dolci né tantomeno della barbabietola e.... sinceramente, questa glassa è la fine del mondo. da fare e rifare anche per mangiarla solo così com'è.
I bimbi poi cel'hanno chiesta per i prossimi compleanni, per fare il quiz con gli amichetti.
Se non sono soddisfazioni queste.

La nostra torta non è perfetta. tagliata male e solo a due strati quando sarebbero potuti essere anche tre o quattro. Ma non siamo portati per la pasticceria, questo lo riconosciamo. Andatevi però a farvi un giro tra gli altri partecipanti del Club, per guardarvi le loro meraviglie.

E grazie Ale, Ilaria, Valentina e Franci. Ci siamo divertiti un sacco. Ci risentiamo il 27 marzo.

Beetroot cake con glassa alla patata dolce

Per uno stampo di 18 cm di diametro

per la torta:

230 g di farina autolievitante
100 g di cioccolato (noi fondente 70%)
125 g di burro salato (noi burro di cocco)
10 g di cacao
3 uova grandi
200 g di zucchero di canna
250 g di barbabietola grattuggiata

per la farcia/glassa

500 g di patate dolci americane
100 ml di acqua
300 g di cioccolato fondente (70%)


 


Prima di tutto, abbiamo cotto la nostra barbabietola al forno il giorno prima, con la buccia.
Il giorno dopo l'abbiamo spellata e grattuggiata finemente.
A bagno maria, abbiamo fatto sciogiere il cioccolato e il burro di cocco. Abbiamo scelto un burro di cocco con poco sentore di cocco per non deturpare la torta.
Nella planetaria, abbiamo montato uova e zucchero fino ad ottenere un composto bello spumoso, al quale abbiamo aggiunto la bababietola grattuggiata. Poi abbiamo incorporato il cioccolato e il burro fusi e amalgamato bene, e per ultimo la farina setacciata con il cacao, amalgamando di nuovo.
Abbiamo versato il composto nello stampo imburrato e infarinato e infornato a 180° per 40 minuti. 
Fate sempre la prova stecchino però, che non tutti i forni sono uguali.
L'abbiamo fatta riposare 10 minuti nello stampo e poi sformata su una gratella per farla raffreddare.

Per la glassa, abbiamo tagliato il blocco di cioccolato a scaglie sottili e cotto a vapore le patate dolci, poi pelate e infine passate nel passa verdura per farne una purea. Abbiamo aggiunto alla purea 100 ml di acqua, mescolato bene e l'abbiamo portata a ebollizione. Una volta tolta dal fuoco, ci abbiamo versato le scaglie di cioccolato e mescolato energicamente finché il cioccolato si è completamente fuso. Abbiamo atteso che si intiepidisse un po' prima di usarla, perchè avevamo un certo timore che al raffreddarsi completamente sarebbe stato troppo solida da usare.
Ci sbagliavamo, perchè poi è rimasta cremosissima. E poco dolce. Una goduria.

Abbiamo infine tagliato la torta a metà nel senso della larghezza. A metà si fa per dire :)) Sono sicura che voi sarete più bravi. Anzi, questa si sarebbe potuta tagliare anche in tre, volendo. Sulla base abbiamo spalmato poco meno della metà della glassa. Ci abbiamo messo l'altra metà torta sopra e abbiamo ricoperto il tutto con il resto della glassa, con una spatola di metallo. Con la stessa spatola, abbiamo cercato di fare delle volute e dei ricciolini per non lasciarla piatta.


lunedì 27 aprile 2015

Il paese che lascio. Torta Marocco (pan di spagna con chibouste ai fiori d'arancio e orange curd)





Il paese che lascio ha mille colori, ma è più ocra che il resto. Ocra dei muri delle Medina, ocra del Sahara al tramonto, dei campi di orzo e di grano all'alba dorata di fine primavera e della curcuma e zafferano nel couscous del venerdì.
Il Marocco ha il sapore delle spezie, del té verde alla menta, delle arance nelle 4 stagioni, dell'olio di argan, delle mandorle e fiori d'arancio dei pasticcini da té. Ha l'aroma inconfondibile della zuppa Harira nel Ramadan, del pane che cuoce nei forni comuni, delle kefta sulla griglia nei mercati e delle montagne di fragole tra febbraio e aprile.
Il paese che lascio brilla come i caftan delle spose senza sorriso e senza un bacio, ha gli occhi delle donne che sorridono da dietro un velo e la risata dei bambini del Medio Atlante, chiusi e taciturni, ma grati a modo loro.
Quando l'idea di ritrarre il Marocco con una torta he sfiorato la mia mente, ho deciso di utilizzare i sapori e profumi predominanti nella pasticceria locale: le mandorle e l'acqua di fiori d'arancio, ma ho voluto farlo anche in maniera simbolica. È così che questa torta ha preso forma.
Il pan di spagna alla base, ricco e dorato come le decorazioni delle moschee, fermo e che sostiene il resto è questa cultura millenaria fatta di arte e preghiere, di savoir faire delicato e misti di usi e costumi di popoli diversi.
Le mandorle sono la gente: generosa e chiusa, ma capace di aprirsi per donare un cuore gentile, prodigo e cortese.
L'arancio è il sole splendente, ma anche i contrasti di cui il paese è pieno. Contrasto di colore, di sapore acre, agro e dolce.
Avrei voluto inserire anche del sesamo, quei semini fragranti ma fastidiosi quando ti rimangono tra i denti, ma ho desistito. Ho rinunciato perchè di questo paese voglio portarmi solo i bei ricordi, le gradevoli sensazioni e le gratificanti esperienze. Nessun semino tra i denti. Solo aromi sottili e dolcezza. Solo gradevole cremosità per ricordare e descrivere questi quattro anni memorabili che restano nel cuore.
La Torta Marocco, per il paese che lascio che ha dentro di sé l'allegria della musica araba, la vitalità dei colori dei mosaici e lo spirito dolce di un té alla menta. Una torta che per me sa di questa splendida terra fatta di campagne, uliveti, deserto e montagne innevate.





Torta Marocco 
(pan di spagna con chibouste ai fiori d'arancio e orange curd)


Per una torta di 26 cm finali

Per il pan di spagna montato a freddo di Iginio Massari, di 24 cm
 300 g di uova intere
400 g di zucchero
1,5 g di sale
la buccia grattuggiata di un'arancia
150 g di farina 00
50 g di fecola (io amido di mais)
150 g di mandorle pelate, tostate e tritate al coltello in pezzi grossi

per l'orange curd stabilizzato
300 ml di succo d'arancia appena spremuto
2 uova intere
2 tuorli
la buccia grattuggiata di due arance non trattate, appena colte
80 g di zucchero
80 g di burro
3 fogli di colla di pesce

per la chibouste ai fiori d'arancio 
160 g di tuorli
50 g di zucchero
30 g di amido di mais
1 cucchiaio di acqua di fiori d'arancio
250 ml di latte fresco intero
12 g di colla di pesce in fogli
220 g di albumi
190 di zucchero

fiori d'arancio freschi per decorare





Il pan di spagna:
 In planetaria, montare le uova, zucchero, sale e buccia d'arancia durante 20 minuti, finchè la frusta lascerà solchi pronunciati nel composto. Setacciare tre volte la farina con la fecola. Unire la farina e la fecola alla montata di uova e zucchero delicatamente, a pioggia in tre volte, in movimenti avvolgenti con una spatola, dal basso verso l'alto. Unire anche le mandorle con lo stesso movimento, facendo molta attenzione a non smontare il composto. Versare il composto in uno stampo da 24 cm di diametro, imburrato ed infarinato, riempiendolo fino a 2/3. Con l'impasto restante io ho riempito dei pirottini da muffins. Infornare a 180°C in forno già caldo, mantenendo la porta del forno semichiusa con un cucchiaio di legno infilato tra il bordo del forno e la porta.
Cospargere il pan di spagna di zucchero semolato e sformarlo su un foglio di carta forno quando è ancora caldo, per prevenire che si secchi troppo.
Per tutti i segreti della riuscita di un pan di spagna e per altre ricette di questa base da alta pasticceria, vi consiglio di visitare il blog di Caris.





L'orange curd stabilizzato
Mettere la colla di pesce a bagno nell'acqua fredda. Mescolare il succo d'arancia, le uova, i tuorli, la buccia d'arancia e lo zucchero con una frusta in un contenitore da bagno maria, aggiungere il burro a pezzetti. Cuocere il composto a bagno maria senza smettere di mescolare, fino a che si addensi abbastanza da coprire leggermente il dorso di un cucchiaio. Incorporare immediatamente la gelatina ben strizzata e versare il composto in un anello da pasticceria di 24 cm, o in una teglia a cerniera. Far rapprendere in frigo, poi mettere in congelatore fino al momento di utilizzarlo.

La chibouste ai fiori d'arancio
Mettere la colla di pesce a bagno in acqua fredda. Mescolare i tuorli, lo zucchero, l'acqua di fiori d'arancio e l'amido di mais in una pentola con il fondo spesso. Scaldare il latte e aggiungerlo a filo su questo composto. Portare sul fuoco e cuocere come una normale crema pasticciera. In planetaria, montare gli albumi con lo zucchero, per ottrenere una meringra soffice ma non troppo sostenuta. Mescolare un po' di meringa nella crema ancora calda e poi incorporare completamente i due composti con una spatola con un movimento dal basso verso l'alto, avendo cura di non smontare gli albumi.

Comporre la torta:
In un anello da pasticceria di 26 cm, e alto 5 cm o in un anello di una teglia a cerniera con le stesse caratteristiche, mettere sul fondo uno strato di pan di spagna alto circa un cm o poco più. Coprirlo con la metà della chibouste ai fiori d'arancio e adagiarci il disco di orange curd ancora congelato e coprire con il resto di chibouste. Refrigerare la torta per tutta la notte. Aprire o sfilare l'anello con cautela e passare la torta al piatto di portata. Decorare con fiori d'arancio freschi.
Il pan di spagna che avnza è ottimo come torta da colazione o merenda, da mangiare così com'è, o potete congelarlo e utilizzarlo in un secondo momento per un'altra torta.


Note:
Ho fatto questa torta due volte. La prima volta, all'aprire l'anello, la torta è letteralmente crollata. Tanto che mio marito, la Torta Marocco l'ha ribattezzata Torta Nepal. 
Buona comunque, finita in meno di 24 ore, ma impresentabile al MTC.
Ho quindi corretto due cose: una è la chibouste; avevo utilizzato la ricetta della chibouste da Saint Honorée di Chistophe Felder, che pur avendo la gelatina tra gli ingredienti, è molto delicata, invece di usarne una più sostenuta adatta al montaggio di una torta, che avevo in un quaderno e che avevo completamente dimenticato e della quale, però, non conosco la paternità.
La seconda, è che l'orange curd nello scongelarsi colava dappertutto, per cui nella seconda versione ho deciso di usare meno uova che nella versione originale (ne ho usate la metà) e di stabilizzarlo con la gelatina, in modo da mantenerne la cremosità e di aumentarne la consistenza.
Inoltre, non sono riuscita a trovare l'acetato da nessuna parte in queste latitudini, quindi il montaggio inverso della prima torta mi ha creato non pochi problemi insieme agli sbagli già citati. Per questo la seconda torta l'ho montata sempre nell'anello, ma non inverso, per paura di sbagliare di nuovo. Per cui la seconda torta è stata montata cominciando dal pan di spagna alla base.
Non che questa sia venuta perfetta come avrei voluto, comunque...stavolta i difetti non erano voluti.


Con questa ricetta partecipo al MTC di aprile 2015, di Caris.


giovedì 16 aprile 2015

Torta del mio giardino (pan di spagna con crema di labne infusa al gelsomino)




Riprendo lentamente a vivere.
Ritrovo l'equilibrio.
E tornano le idee.
Complice l'aria di Meknès in questi tempi. Complice anche il giardino che mi regala limoni da cogliere e usare subito e gelsomini commestibili e non trattati. 
Ultimamente la mattina mi sveglio molto presto. Non sono mai stata del tipo che rimane a letto, no, una volta sveglia devo alzarmi. In punta di piedi, per non svegliare nessuno.
Alle cinque del mattino mentre il muezzin canta l'Adan, io sorseggio il primo caffé aprendo la finestra sul mondo. E il profumo del gelsomino a quell'ora invade tutto, battendo persino gli aranci amari, anche loro in fiore. Nel silenzio della casa è l'ora in cui le idee e i pensieri escono a giocare nella mia testa. È a quell'ora che ho creato nella mia testa questa torta, ispirando il profumo dei fiori.

Sebbene ispirata alla perfezione lineare e alla bellezza naturale delle "torte nude" o Naked Cakes molto in voga negli USA soprattutto come torte nuziali, ho personalmente voluto dare a questa torta un aspetto il più rustico possibile, anche nella scelta degli ingredienti. Sappiate che i tagli imperfetti del pan di spagna e la crema che fuoriesce qui e lì tra gli strati, sono assolutamente voluti. Così come è voluto l'uso delle uova del contadino di fronte e del labne e la panna freschissimi e di produzione artigianale e locale. Volevo rusticità, genuinità e kilometro meno che zero in una torta asolutamente imperfetta, ma elegante a modo suo.






Torta del mio giardino
(a Km zerissimo)


Ingredienti per una torta di 20 cm di diametro

per il pan di Spagna montato a freddo di Iginio Massari:
(mezza dose)

300 g di uova freschissime
200 g di zucchero
1/4 di limone grattuggiato (ne ho usato mezzo)
150 g di farina bianca 00
50 g di fecola (ho usato amido di mais)

per la crema al labne e gelsomino:

60 ml di latte intero fresco
2 tazze da té piene di fiori di gelsomino freschi* 
400 g di labne appena fatto
100 g di zucchero semolato
150 ml di panna fresca
2 cucchiai di zucchero a velo

zucchero a velo, da spolverare
fiori di gelsomino, per decorare





Per il pan di spagna, nella planetaria montare le uova, la buccia del limone, lo zucchero e il sale per circa 20 minuti a velocità media finché la frusta inizia  a fare dei solchi visibili in superficie. Setacciare la farina con la fecola tre volte e incorporarla a pioggia dolcemente, con una spatola, con un movimento dal basso verso l'alto. Preparare due teglie da 20 centimetri di diametro imburrate e leggermente infarinate e metterci l'impasto. Infornare in forno già caldo a 180°C durante 25 minuti, tenendo il forno semi-aperto con un cucchiaio di legno. Spargere dello zucchero semolato in superficie e sformare quando sono ancora caldi.
Per tutti i trucchi e altre ricette di pan di spagna visitate il blog di Caris.
 Per la crema, portare ad inizio ebollizione il latte, metterci dentro i fiori di gelsomino lavati e asciugati e lasciarli in infusione un paio d'ore. Filtrare con un colino a maglie strette.
Lavorare il labne con lo zucchero semolato e il latte profumato al gelsomino fino ad ottenere una crema consistente ma liscia. Montare la panna con lo zucchero a velo e con una spatola, mescolare delicatamente le due creme, in movimento avvolgente dal basso verso l'alto, facendo attenzione a non smontare la panna.

Una volta raffreddati, tagliare in due in senso orizzontale i due pan di spagna. Sulla prima metà, spalmare la metà della crema, coprire con un disco di pan di spagna, spalmare l'altra metà della crema e coprire con l'ultimo disco e spolverizzare di zucchero a velo. Decorare a piacere con i fiori di gelsomino.
La quarta metà non utilizzata, mangiatela così com'è. È un piacere irresistibile, un pan di spagna morbido e saporitissimo.


*assicurarsi che il gelsomino che usate sia commestibile, o comprare i fiori secchi in erboristeria.




Con questa ricetta partecipo al MTC di aprile 2015, di Caris.


venerdì 15 febbraio 2013

Red Velvet Cake gluten free con swiss meringue buttercream frosting




Non soffro di nessuna allergia né intolleranza, ma conosco la sensazione che si prova a ritrovarsi a tavola e non poter mangiare nulla, perchè il tuo sistema di alimentazione è diverso da quello della maggioranza e nessuno ha pensato a te. Certo, non avrò mai problemi di salute per un cibo proibito o contaminato, ma quella sensazione di essere "diverso", dimenticato e messo in un angolo, è un qualcosa che non auguro a nessuno. Ma purtroppo capita e pure troppo spesso.
Stefania ne è un vivo esempio, nel suo blog troverete tanti racconti di come lei e il suo pargolo celiaco si son ritrovati in molteplici occasioni senza poter mangiare nulla o dovendosi portare il cibo da casa, pur essendo stati invitati da qualcuno a cena.
Eppure si tratta anche di cortesia ed educazione. Ogni volta che mio marito invita qualcuno a cena a casa per la prima volta, gli faccio chiedere sempre se ci sono allergie, intolleranze o gusti e diete particolari per far sentire l'ospite a suo agio sia musulmano, ebreo, celiaco o vegetariano o semplicemente per evitare cucinare peperoni a chi li odia, per fare un esempio.
Ma la celiachia è una malattia, non una scelta, un credo o una religione. Il celiaco soffre tanto fisicamente come moralmente. La dieta senza glutine, lungi da essere una moda come qualcuno ha voluto far credere in passato, o un medoto dimagrante, come piacerebbe a più di un celiaco, è bensì una necessità. Il glutine per un celiaco è come un veleno, parola forte, forse, ma reale, perchè se il vegetariano convinto, mangia un risotto fatto con il brodo di pollo senza saperlo, non se ne accorgerà mai, ma se il celiaco mangia un alimento contaminato o glutinoso senza saperlo, starà male per giorni, chi più o chi meno, dipendendo dalla sensibilità individuale.
Chiamatela empatia, sensibilità, cortesia, amicizia, chiamatela come volete, ma se avessi un parente o un amico celiaco, ogni volta che lo inviterei l'intero menù a tavola sarebbe composto da cibo per tutti. Basta rispettare delle norme basiche di igiene, scegliere bene gli ingredienti, verificare le etichette e tutto risulta molto più facile di quanto possa sembrare.
Guardate questa torta, per esempio: di facile realizzazione e completamente senza glutine, morbida, sofficissima, deliziosa. A casa mia nessuno si è accorto che ci fosse una differenza di ingredienti e la torta è evaporata in una giornata. Persino il mio Pablo, che per le torte è generalmente schizzinoso, l'ha provata, gustata e rimangiata.
Tutto questo per dirvi che il senza glutine è facile e buono ed è possibile.

Approfitto per salutarvi, non so quando Burro e Miele tornerà. Tutto dipende dall'inquilino che abita nel mio ventre. Probabilmente non ci vedremo fino ad aprile, ma non è detto. Questo post non sarebbe dovuto esistere, ma il richiamo dei fornelli e del MTC hanno vinto su tutto questa volta.
E adesso me ne torno buona buona a riposo.
Mi mancherete. A presto!



Red Velvet Cake gluten free con Swiss Meringue Buttercream Frosting

Per due stampi di 20 cm di diametro

(Ricetta di Stefania)

160 gr di farina di riso finissima*
60 gr di fecola di patate* (introvabile qui, sostituita con amido di mais)
30 gr di farina di tapioca*
1/2 cucchiaino di sale
8 gr di cacao amaro*
110 gr di burro non salato a temperatura ambiente
300 gr di zucchero
3 uova medie
1 cucchiaino di estratto di vaniglia naturale*
240 gr di latticello (buttermilk)
1 cucchiaio di colorante rosso* (Wilton Christmas red, certificato Pareve Kosher e gluten free)
1 cucchiaio di aceto bianco
1 cucchiaino di bicarbonato di sodio




Riscaldare il forno a 175°C.
Imburrate e infarinate (con farina di riso) due teglie da 20 cm di diametro.
Mischiare in un recipiente le farine, il cacao e il sale. In un altro recipiente, sbattere il burro finchè sarà morbido e cremoso e poi aggiungere lo zucchero, sbattere bene fino ad incorporare bene lo zucchero. Ogni tanto è preferibile pulire i bordi della ciotola con una spatola di gomma e ricominciare a sbattere fino ad ottenere una crema omogenea. A questo punto incorporare le uova, una alla volta, lavorando l'impasto una trentina di secondi dopo ogni aggiunta.
Mischiare il colorante con il latticello e versare poco alla volta sulla crema al burro, alternando con gli ingredienti asciutti, facendo attenzione di cominciare e finire con le farine. Io ho alternato così: un terzo di farine, poi metà del latticello, poi di nuovo un terzo delle farine, l'altra metà del latticello e finito con le farine restanti. Aggiungere la vaniglia e mescolare bene.
In una tazzina mischiate l'aceto con il bicarbonato e versarlo subito nell'impasto, incorporandolo bene con l'aiuto di una spatola.
Infornare per 40-45 minuti o fino a cottura ultimata. Inserire uno stuzzicadenti nella torta, se ne esce pulito, è cotta. Le mie ci hanno messo una trentina di minuti, ma non tutti i forni sono uguali.
Far raffreddare nella teglia per 10 minuti e poi sformrle, farle raffreddare e quindi avvolgerle nella pellicola trasparente e lasciarle in frigo tutta la notte. Questo faciliterà il taglio evitando che si sbricioli.
A me son riuscite due torte altre circa 3 cm l'una, morbidissime e spugnosissime tanto che avevo paura di tagliarle a metà. Ma con il sistema di Stefania è andato tutto perfetto. L'indomani ho tagliato le torte e le ho farcite e ricoperte con il "frosting" (segue ricetta)

Su ogni strato, ho spolverizzato un misto di lamelle di mandorle e granella di pistacchio tostate e ho ricoperto i bordi della torta già glassata con granella di pistacchio sola.
La torta si conserva in frigo per due-tre giorni, ma bisogna lasciarla a temperatura ambiente almeno una mezz'ora prima di servirla perchè la red velvet riprenda la consistenza morbida e il frosting torni cremoso.

*Se realizzate questa ricetta per un celiaco, badate bene che sia presente la spiga barrata sulla confezione di questi prodotti o che questi siano listati nel Prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia (AIC).  Per saperne di più su come e cosa cucinare senza glutine e senza rischi, vi consiglio la lettura di questo post.


Swiss Meringue Buttercream Frosting

6 albumi di uova grandi, a temperatura ambiente
300 gr di zucchero semolato
500 gr di burro ammorbidito, a temperatura ambiente
1 cucchiaino di estratto di vaniglia naturale

Mischiare con una frusta a mano gli albumi con lo zucchero e metterli a bagno maria, sempre mischiando fino ad arrivare ad una temperatura di 70°C e lo zucchero sia completamente dissolto. Ogni tanto pulire i bordi del contenitore con una spatola di gomma, in maniera che lo zucchero non rimanga attaccato, non solo per una questione di sapore finale, perchè sarà buono lo stesso, ma piuttosto per l'ottenzione della perfetta consistenza: se non tutto lo zucchero si dissolve, il risultato sarà più granuloso invece di liscio e setoso come si vorrebbe.
Questo primo passo ha varie ragioni: una, non meno importante, è di pastorizzare le uova; la seconda ragione è quella di dissolvere lo zucchero per ottenere una meringa liscissima e la terza ragione è quella di scaldare gli albumi. Come si sa, gli albumi a temperatura ambiente montano meglio di quelli freddi perchè le proteine si "denaturano" e inglobano più aria e più in fretta, quindi, scaldando gli albumi, si ottiene che questi inglobino ancora più aria e montino con un volume maggiore, attenzione solo a non farli coagulare!
Passare il composto alla planetaria o ad una gran terrina e cominciare a montare a velocità alta, vedrete come prima cominceranno a diventare schiuma e poi diventeranno sempre più densi e la meringa acquisterà sempre più volume e brillantezza. Questo passo dura circa dieci minuti, per ottenere una meringa perfetta, liscia e brillante che ha raggiunto ormai una temperatura ambiente.
A questo punto, si comincia ad aggiungere il burro, tagliato a pezzettini piccoli, aggiungendoli uno per uno e aspettando almeno una trentina di secondi prima di unire il prossimo, è importante che ogni pezzetto sia completamente incorporato prima di aggiungerne dall'altro. Lo so, il procedimento è lungo e ci vuole dedicazione e pazienza, ma vi assicuro che il risultato vale tutto il tempo che ci si impiega. Una volta incorporato l'ultimo pezzetto di burro, aggiungere la vaniglia.
Non preoccupatevi se la meringa man mano che si aggiunge il burro si sgonfia, è assolutamente normale. La consistenza finale è quella di una crema al burro leggera e rigonfia e assolutamente liscia. La amo più della crema al burro tradizionale per vari motivi: è più leggera, meno dolce e stucchevole, le decorazioni tengono la forma, ed è più bianca, per cui si può colorare facilmente.
E invece della vaniglia la potete aromatizzare come più vi piace.
Non scoraggiatevi se alla fine dell'aggiunta del burro il composto appare completamente liquido, può capitare e non è necessario buttare tutto, basta mettere in frigo per un'ora circa e poi ricominciare a sbattere bene. Può capitare anche che il composto sembri "impazzito" o grumoso, in questo caso mantenete alta la velocità delle vostre fruste elettriche o planetaria e continuate a lavorarlo, vi assicuro che tornerà in forma.
Questa dose è sufficiente per farcire e rivestire una torta di 20 cm di diametro e 4 strati, come questa Red Velvet, ma non per decorarla. In questo caso, bisognerà farne un po' di più, senza alterare le proporzioni. Si può conservare in frigo per un paio di settimane o congelare per ancora più tempo, basta poi tirarla fuori e sbatterla per bene per farle riprendere la sua cremosità.

Questa ricetta con queste proporzioni è sul mio quaderno di ricette da almeno una quindicina d'anni, quando vivevo in Costa Rica e mi sono immersa del mondo delle torte, glasse e frostings americani. Tutti gli accorgimenti sono invece frutto dell'esperienza di averla fatta e rifatta, essendo una delle mie creme favorite per torte decorate. Ed è anche naturalmente senza glutine!!!

 




lunedì 17 dicembre 2012

Torta speziata ai cachi con yogurt... la vita è una poesia, se sai leggerla



Lo ammetto, sono una sognatrice ottimista, son capace di vedere l'amore in una tazza di caffé al mattino, nell'aroma di un biscotto appena sfornato o in una parola incerta scritta con le letterine magnetiche multicolori sul frigo da minuscole manine di tre anni. E tutto ciò inevitabilmente mi regala sorrisi. Si chiama gioia di vivere.
C'è chi si lamenta d'inverno per il freddo, la pioggia, la neve.
Per me il freddo è invece l'occasione di abbracciarsi di più, di accoccolarsi sul divano, camino acceso davanti alla tele con quel vecchio plaid rosso addosso, che credo abbia più anni di me e profuma di tempo, ricordi ed altre essenze, annidate tra la trama della tessitura.
L'inverno è la stagione per incontrarsi, riscoprirsi, tra i colori calidi delle fiamme e i sapori dei prodotti di stagione, e il freddo è la scusa perfetta per rubare un bacio in più, o accendere il forno e preparare una torta. È riscoprire la magia del profumo di spezie, in un impasto o nel vino caldo, è leggere l'amore in un sorso di cioccolata calda o una poesia nell'ultima foglia che cade, aldilà della finestra.
Il freddo è un ottimo prestesto per riscaldarsi l'un l'altro mano nella mano, tanto vicini da perdersi in un solo caldo respiro e sognare al ritmo dei battiti del cuore. 
Non occorrono termosifoni per non sentire freddo.
Non occorrono grandi cose per essere felici.
Anche quando sembra che manchi tutto, ci sarà sempre una ragione per trovare una poesia, perchè la vita stessa è una poesia, se la si sa leggere.



Torta speziata ai cachi con yogurt

Dosi per una tortiera a ciambella di 22 cm, 16 porzioni
Ispirata da una ricetta della rivista The Vegetarian Times, Novembre 2012

160 gr di farina
1 caco grande
120 gr di farina integrale
2 cucchiaini di cannella*
1 cucchiaino di noce moscata*
1 cucchiaino di zenzero*
1 cucchiaino e mezzo di lievito per dolci
1 cucchiaino e mezzo di bicarbonato di sodio
1 pizzico di sale
170 gr di burro
330 gr di zucchero
4 cucchiaiate colme di yogurt
3 uova grandi
1 cucchiaino di estratto di vaniglia
zucchero a velo, da spolverizzare

Opzionale: 
2 vasetti di yogurt
2 cucchiai di miele






Riscaldare il forno a 180°C e imburrare e infarinare una tortiera a ciambella o da bundt cake, come nel mio caso.
Tagliere a metà il caco e prelevare la polpa con un cucchiaino e in un mixer trasformarla in puré. Dovreste ottenerne più o meno 250 ml.
Mischiare la farina, le spezie, il lievito e il bicarbonato. A parte, sbattere il burro fino ad ottenere una crema leggera e aggiungere le uova, uno alla volta, aspettando la completa incorporazione dell'uno, prima di aggiungerne un altro. Aggiungere l'estratto di vaniglia.
Aggiungere la metà della farina, poi la metà del puré di cachi e di nuovo il resto della farina, seguita dal resto dei cachi e lo yogurt. Incorporare il tutto e mettere nella tortiera.
Infornare per un'ora o fino a che uno stecchino inserito nella torta ne esca pulito. Far raffreddare 15 minuti nella tortiera e poi sformare. Raffreddare completamente e spolverizzare di zucchero a velo.
Se si desidera servire con lo yogurt, al quale si incorporerà il miele.

* Se non vi piacciono le spezie, potete ometterle.

martedì 25 settembre 2012

Torta di ricotta e cioccolato fondente..e "Speriamo che sia femmina!"




Non avrei potuto scegliere un altro film per il contest di Patty, dato il momento. Non nego che dopo i tre meravigliosi maschietti che riempiono la casa e il cuore, vorremmo che l'inquilino che cresce nel mio ventre sia una bimba. "Speriamo che sia femmina", dunque e magari che sia come una delle meravigliose donne protagoniste di questo film.

Apparso nel 1986, Speriamo che sia femmina è forse uno dei film più importanti degli anni ottanta nel cinema italiano e a mio gusto, il migliore del regista Mario Monicelli, il film racconta la vita di una famiglia  contadina carica di debiti e in declino economico e affettivo.
Perchè credo che questa torta somigli a questo film? Per i suoi ingredienti diversi di colore, sapore e consistenze miscelati insieme come la comicità e il dramma nel film.
Il cioccolato fondente, nero, amaro. è quella nota di dramma, di malinconia, e quel senso di amarezza che ci lascia nella sottile critica alla società italiana in quei tempi e nel rimpianto verso un modo di vivere che ormai giunge alla sua fine. Ma il cioccolato amaro è anche l'ironia mordace che risulta stemperata dalla tenerezza degli altri ingredienti, come l'olio e la ricotta.
Ricotta e zucchero, bianco, dolce rappresentano la tenerezza, l'altruismo, la comprensione tra i personaggi, la saggezza e benevolenza del personaggio di Elena (Liv Ullmann) sulle cui spalle si appoggia il peso dell'intera famiglia.
Ma cioccolato e ricotta sono anche i due opposti, nero e bianco, uomini e donne di questa pellicola, una viva contrapposizione tra la determinazione e la responsabilità che le donne assumono, quella forza e capacità di sopravvivenza capace di portare avanti un'intera famiglia, contro l'immaturità e la debolezza degli uomini, qui ritratti falsi e ipocriti, mariti infedeli e padri assenti che son capaci solo di far soffrire le donne.
Speriamo che sia femmina è infatti un film che esalta la donna. Un film sulle le donne e per le donne, che decanta e valorizza l'universo femminile come pochi nella storia del cinema Italiano. Ed ecco perchè quel duro e amaro cioccolato fondente è un cioccolato Madagascar, arricchito dalla vaniglia, frutto di un'orchidea bianca, simbolo della femminilità per eccellenza.

E come alla fine del film, non ci resta che dire "speriamo che sia femmina".


Torta alla ricotta e cioccolato Madagascar

125 gr di zucchero
125 ml di olio
250 gr di ricotta
60-100 ml di latte (dipende dalla ricotta)
250 gr di farina
1 cucchiaino di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1 pizzico di sale
150 gr di cioccolato Lindt Madagascar o qualsiasi fondente 70%





Sbattere l'olio con lo zucchero e aggiungere poi la ricotta, incorporare bene fino ad ottenere una consistenza cremosa. Fondere il cioccolato e incorporarlo alla crema di ricotta. Dopodiché aggiungere gli ingredienti asciutti (farina, lievito, sale, bicarbonato) e poi, poco a poco, versare il latte. La consistenza desiderata è quella di una mousse al cioccolato, per cui la quantità di latte dipenderà dalla consistenza e umidità della ricotta utilizzata.
Infornare in forno già caldo a 180° una quarantina di minuti.





Con questa ricetta partecipo al contest di Patty




mercoledì 18 aprile 2012

Papaveri, hibiscus e lavanda per un duo di torte frangipane fiorite

Il mercato coperto della medina è uno scrigno di tesori per chi ha occhi attenti e aperti e vaga con lo spirito libero alla ricerca di nulla in particolare. Da raso terra al soffitto, è la caverna di Alì Babà delle sorprese culinarie, che non si limitano agli enormi coni di spezie per attirare i turisti.
Barattoli di erbe mai viste, olii essenziali di frutti e piante, conserve e aromi naturali prodotti artigianalmente in gran maggioranza da chi li vende. È stato così che ho trovato l'aroma di papavero, petali distillati in casa con un metodo che non ho capito bene ma mi farò rispiegare, per raccogliere l'acqua e gli olii essenziali. La prossima volta torno con un traduttore arabo-francese e ve lo spiegherò. Ed è così che nasce questa seconda frangipane in rosso. Dal mercato magico della Medina di Meknés, dove lo stesso giorno mi ero anche rifornita di karkadé e di un vasetto di ciliegie in conserva, non candite né sciroppate, intrere, con il loro nocciolo che sembrano straordinariamente fresche, come se chi le avesse preparate portasse con sé il segreto di catturare le stagioni in un barattolo.
In una altro degli stretti corridoi del mercato, ho scovato un cesto pieno di lavanda secca. Siamo nella farmacia berbera, intonrno a me ho barattoli con le cose più bizarre che ho mai visto, ma anche cose care e riconoscibili. La lavanda la bevono in infusione, la usano per aromaterapia, la bruciano o la adoperano cme uno dei 45 ingredienti del Ras el Hanout. Io l'ho messa nella frangipane, insieme alle prime pesche che poco a poco già invadono i mercati. Vengono dal sud, dove le stagioni quasi non esistono, sono piccole, come una prugna o meno, ma hanno un odore meraviglioso e una dolcezza disarmante.
Ed ecco a voi due frangipane piene della magia del mercato della Medina.



Torta frangipane al papavero con gelatina di hibiscus e frolla al carvi



Ingredienti per una crostata di 22 cm:

per la frolla:
200 gr di farina
100 gr di zucchero
100 gr di burro
2 tuorli d'uovo
un cucchiaino colmo di carvi in polvere

per la crema frangipane di Ambra:
100 gr di farina di mandorle
100 gr di zucchero semolato
100 gr di burro
1 uovo
30 gr di fecola di mais
2 cucchiaini di aroma naturale di papavero, fatto a partire dai petali

per la gelatina di hibiscus:
300 ml di acqua
2 cucchiai e mezzo di fiori di hibiscus secchi (karkadé)
225 gr di zucchero

150 gr circa di ciliegie intere, in conserva al naturale 




Per la gelatina di hibiscus, bollire l'acqua e lasciarci i fiori in infusione per un paio d'ore, poi filtrare al chinois, rivestito di garza. Rimetterlo in un pentolino con lo zucchero e lasciar bollire a fuoco medio, mischiando di tanto in tanto, finoa  che abbia raggiunto i 104°. Lasciar raffreddare completamente.
Per la frolla lavorare tutti gli ingredienti fino a ottenere un impasto omogeneo con cui formerete una palla e metterete a riposare una mezz'ora in frigo. Stenderla quindi su un piano di lavoro leggermente infarinato e foderarci una teglia per crostate imburrata e infarinata. Coprire con carta da forno, mettere dei fagioli sopra e infornare a 180°C per 10 minuti, poi togliere la carta e i fagioli e infornare altri 5 minuti.  
Nel frattempo, preparare la crema: lavorare a lungo lo zucchero con il burro, aggiungere l'uovo e infine, poco a poco, la farina di mandorle e la fecola. Incorporare quindi l'aroma di papavero.
Stendere sulla base di pasta frolla un sottile strato di gelatina di hibiscus e coprirla con la crema frangipane. Sparpagliare le ciliegie sulla crema e infornare a 180° per una ventina di minuti, o fino a che la superficie sia dorata e croccante.



Torta frangipane alla lavanda e pesche, su sablé breton



Ingredienti per una crostata di 34X10 cm

Per il sablé breton (ricetta di Christophe Felder)
3 tuorli d'uovo
130 gr di zucchero semolato
150 gr di burro ammorbidito
200 gr di farina
1 punta di cucchiaino di sale fino
1 bustia di lievito per dolci
1 bacca di vaniglia (aggiunta da me)

per la crema frangipane di Ambra:
100 gr di farina di mandorle
100 gr di zucchero semolato
100 gr di burro
1 uovo
30 gr di fecola di mais
3 cucchiai di acqua bollente
1 cucchiaio di lavanda secca

2 piccole pesche o 1 pesca normale a fette

Per il sabblé breton, cominciare a lavorare i tuorli con lo zucchero, fino ad ottenere un composto chiaro e spumoso. Quando il composto di tuorli sarà ben montato, aggiungere il burro e incorporarlo con una spatola di legno. Poi, setacciarci sopra la farina, il sale, il contenuto della bacca di vaniglia e il lievito e incorporarli con una spatola. Una volta che l'impasto sarà omogeneo, racchiuderlo in un pezzo di pellicola trasparente e conservarlo almeno due ore in frigorifero. Foderare la teglia precedentemente imburrata e infarinata (ne avanzerà un po, con la quale potrete fare dei biscotti). 
Bollire l'acqua e lasciarci la lavanda in infusione per il tempo in cui la pasta di sablé sarà in frigo. Poi filtrarla al chinois rivestito di garza.
Preparare la crema frangipane come la ricetta precedente, sostituendo l'aroma di papapvero con due cucchiai di concentrato di lavanda.
Riempire il guscio di sablé con la crema frangipane, distribuirci sopra gli spicchi di pesca e infornare a 180°C per una ventina di minuti o fino a che la superficie sarà dorata e croccante.



Con queste due ricette partecipo al MTC di Aprile
To be continued...




sabato 20 novembre 2010

Questa Foresta è nera...ma golosissima


Ancora una torta? Ma non era un blog dedicato al mangiar sano?
Avete ragione, ma su, è l’ultimo compleanno dell’anno,  poi solo cose sane, anche dolci, ma sani, lo prometto.
Ah, no, ups, arriva Natale…ok ok.. Un Natale in salute… (sì, come no)
Ma la Foresta Nera, anche se ipercalorica, vale veramente la pena almeno un morsetto, se ci riuscite a limitarvi solo a quello…

Insomma, vi presento la Schwarzwälder Kirschtorte  la tipica torta alle ciliegie che viene dalla Germania, dalla regione della Foresta Nera.





 Ingredienti per la torta:
180 gr di cioccolato fondente (io uso sempre 70%)
200 grammi di burro
375 gr di zucchero
3 uova
2 cucchiai di estratto di vaniglia
300 gr di farina
1 cucchiaino di bicarbonato
un pizzico di sale
375 ml di acqua.

Per la bagna: acqua, zucchero e kirsch (ma visto che era per una festa di dodicenni io questa volta non l’ho bagnata, ma voi fatelo per bene, mi raccomando)

Panna montata, 750ml con 180 gr di zucchero al velo
Riccioli di cioccolato
700 gr di ciliegie (dovrebbero essere fresche, ma visto che non era stagione, le ho usate in barattolo, ma in conserva al naturale, non candite).

Preparatevi tutti gli ingredienti pesati e pronti per l’uso. Accendete il forno a 180°. Fate sciogliere il cioccolato con il burro come preferite, a bagnomaria o in microonde (personalmente preferisco la cara vecchia bagnomaria). 



Aggiungere le uova una alla volta senza smettere mai di impastare e aggiungere poi la vaniglia.
Mischiate la farina con il sale e il bicarbonato e aggiungete al composto alternando con l’acqua.
E qui, vi confido un segreto: in cucina, l’ordine dei fattori SI cambia il prodotto! Quando dovete alternare in una torta, gli ingredienti asciutti con quelli liquidi, iniziate e finite sempre con quelli asciutti!!!  Per qualche ragione (chimica o fisica) che non conosco, la torta cambia completamente di consistenza e guadagna in sofficità.
Versare il composto in una teglia da torta, imburrata e infarinata per 35 minuti, ma la prova stecchino è sempre consigliata poiché i forni non sono tutti uguali.


Far raffreddare per 10 minuti, sformare e lasciar raffreddare completamente.



Quando la torta sarà completamente fredda, procedete a tagliarla a metà trasversalmente.  Bagnate la metà inferiore con la bagna e spalmateci una parte della panna, poi spargeteci uniformemente le ciliegie. Pensate a conservarne qualcuna per la decorazione. 


Ricoprite con l’altra metà e spalmate di panna montata fino a ricoprirla tutta.
Decorate a piacere con la panna, ciliegie conservate e riccioli di cioccolato.
Oltre che per un compleanno di un goloso come mio figlio, questa torta farebbe un figurone sulla tavola di Natale, aggiungendole anche delle decorazioni di pasta di mandorle verde, simulando foglie di agrifoglio vicino alle ciliegie.



Vi lascio l’idea… intanto, io vado a cantare tanti auguri al mio neo dodicenne (al centro).


domenica 14 novembre 2010

Una vera torta Caprese, finalmente...


Se nei prossimi mesi ingrasserò, non sarà di certo colpa mia, né dell’inverno, né dello stress, no, se ingrasserò, sarà solamente colpa di Valentina, la regina del cioccolato.
Qualche giorno fa, vagavo in rete come sempre in cerca di nuovi orizzonti e idee e per caso, come succedono sempre le cose buone, mi sono ritrovata nel blog The Queen of Chocolate, che si è aperto davanti ai miei occhi niente di meno che con la torta Caprese.
L’ultima torta Caprese che ho mangiato fu la primavera scorsa, nella mia città natale: Formia, nel ristorante dell’albergo Villa Irlanda e il suo ricordo mi era rimasto attaccato alla mente e al palato. Ho cercato e ricercato quella ricetta, senza successo.
Per  chi come me vive all’estero da mezza vita, i sapori di casa restano nella memoria con un certo languore di nostalgia e non sempre le ricette che si trovano a destra e sinistra corrispondono alle vere, ma in questo caso, la ricetta di Valentina era proprio quella giusta.  Finalmente, son riuscita a fare una VERA torta Caprese.
L’unico difetto? La torta sembra essersi evaporata…non ne è rimasta che una misera fettina per farne la foto!  


Ingredienti:
175 gr di zucchero
175 gr di burro
175 gr di mandorle tritate
175 gr di cioccolato fondente al 50%
5 uova
30 gr di cacaco
1 bustina di lievito
60 gr di fecola di patate
1 pizzico di sale

Montate lo zucchero con il burro. Aggiungete i tuorli e il sale. Poi versate il cioccolato tritato, il cacao, la fecola e il lievito. In un'altra terrina montate gli albumi a neve. Mescolate delicatamente i due composti e alla fine aggiungete anche le mandorle.
Versate in una teglia imburrata e mettete in forno a 170 gradi per circa 45 minuti.


Nota: non avendo quel giorno il tempo di andare a far la spesa, ho usato quel che avevo in casa. Il mio cioccolato fondente era al 70% e la fecola era quella di mais (maizena).

Grazie Queen of Chocolate, il nome del tuo blog è davvero azzeccato!

mercoledì 10 novembre 2010

Una torta speciale al profumo di vaniglia


Il piccolo di casa ha recentemente compiuto un anno, senza l’ombra di un dente in bocca. Il gran dilemma si è posto all’ora di scegliere la torta, poiché oltre ad esse sdentato, il bimbo ha un gusto raffinato e deciso.
Niente cioccolato, a quello lui preferisce la frutta e, senza l’ombra di dubbio, la vaniglia.
Una torta alla vaniglia! Ha pensato la mamma… ma di torte alla vaniglia se ne cade il mondo, tutte le basi di torte del mondo, o quasi, sanno di vaniglia.
E quindi, bisognava rifletterci un attimo, il primo compleanno è una cosa seria, impossibili le improvvisazioni, era d’obbligo creare una ricetta nuova:

La Torta alla tripla vaniglia.


Per la torta (di 23 cm. Di diametro):
450 gr di farina
1 bustina di lievito in polvere
350 gr di burro
350 gr di zucchero
6 uova sbattute
2 cucchiaiate di succo di limone (o di arancia se preferite)
1 stecca di vaniglia polverizzata (o un cucchiaio di estratto di vaniglia)

Prima di cominciare a fare qualsiasi cosa, preparatevi gli ingredienti pesati, sarà quindi più facile e rapida la preparazione. Una volta tutto pronto, imburrate e infarinate lo stampo e infine accendete il forno a 160°, per farlo riscaldare.
Passare al setaccio la farina e il lievito e aggiungerci il burro, lo zucchero, le uova, il succo di limone e la vaniglia.
Lavorare energicamente gli ingredienti con un cucchiaio di legno o una frusta elettrica, finché siano ben mischiati e senza grumi, come una crema molto ma molto densa e lucida. Mettere la pasta nello stampo e infornare per circa un’ora e tre quarti - due ore.
Nota: se vedete che la torta prende colore troppo in fretta, coprite con della carta argentata per proteggerla. La torta sarà cotta quando all’inserire un coltello o uno stecchino, esso ne uscirà pulito.
Lasciate riposare la torta cinque minuti e poi sforma tela sul piatto da portata.
Vi consiglio di fare questa torta il giorno prima poiché non solo ne guadagna in sapore, ma sarà anche più facile seguire il resto delle operazioni.


Per la crema al burro alla vaniglia
150 gr di burro
300 gr di zucchero velato
1 gran cucchiaio di estratto di vaniglia
latte, se necessario

Lavorare a lungo il burro e lo zucchero, aggiungere l’estratto di vaniglia e lavorare ancora un po’, fino a ottenere una consistenza leggera e vellutata, come crema da spalmare. Se il composto dovesse essere troppo duro, aiutarsi con un filo di latte alla volta fino ad arrivare alla consistenza desiderata.

Per Crema Chantilly
Mezzo litro di panna liquida
120 grammi di zucchero vanigliato

Sbattere la panna con la frusta, appena comincerà ad addensarsi, aggiungere lo zucchero e continuare a lavorare con la frusta fino ad ottenere la consistenza leggera tipica della panna montata. Attenzione a non montare troppo, altrimenti fareste dell’ottimo burro dolce!
Il segreto per l’ottima riuscita della Chantilly è di avere tutto freddissimo, tranne lo zucchero. La panna va messa in freddo almeno 24 ore  prima e la frusta e la terrina, minimo un’ora prima dell’uso.


Tagliare facendo molta attenzione la torta in due orizzontalmente.  Spalmare di crema al burro uniformemente la metà inferiore e coprirla con la seconda metà. Ricoprire tutti i lati della torta uniformemente con la chantilly. Decorare a piacere.


Io a Lorenzo, ho regalato le stelle, le più buone di tutte.