martedì 31 gennaio 2012

Harira, la zuppa Marocchina tradizionale del Ramadam



Non c'è piatto che renda di più l'idea di conforto, calore, famiglia riunita e focolare che batte, che una zuppa fumante. Sia in una vecchia pentola su un fuoco a legna o in una zuppiera d'argento posta su una tavola imbandita, la zuppa è parte del patrimonio gastronomico di tutti i paesi e di tutte le genti.
Il Marocco ha saputo trasformare una zuppa in un vero momento di festa e convivialità, oggi voglio parlarvi della Harira.
Molto nutriente, questa zuppa fatta a base primordialmente di ceci, lenticchie e un poco di carne, conosce varianti secondo le regioni e secondo ogni famiglia che la prepara, tuttavia, per i Marocchini, la vera Harira continua ad essere quella de patrimonio gastronomico di Fès, la città imperiale che ha offerto al paese un repertorio di ricette degne della sua fama e dei suoi quattordici secoli di storia culinaria.
Ogni giorno, durante il mese del Ramadam, quando i musulmani digiunano dall'alba al tramonto, l'aroma di questa zuppa invade le strade e ogni casa dove si prepara, ognuno nella sua versione, per essere gustata all'ora del ftur, la rottura del digiuno, annunciata spettacolarmente in coro dai mouzzim di tutti i minareti della città. È l'ora in cui la città si svuota, nessun'anima in giro, tutti si incontrano in famiglia intorno alla tavola riuniti dalla Harira, dopo una giornata di raccoglimento e pensieri che purificano l'anima dei musulmani. Ma è anche un regalo offerto agli sposi, il giorno dopo le nozze, in simbolo di un arrivederci e di augurio di felicità eterna.

Tante maniere di farla, come case che esistono in Marocco. Chi ci aggiunge alla fine una pasta liquida fatta a base di lievito madre e acqua, chi solo farina diluita e chi ci fa cuocere alla fine i doudia, una specie di pasta finissima e corta, simile forse, ma non troppo, ai nostri capellini spezzati.
La Harira è dunque cibo per lo stomaco e per l'anima, sempre accompagnata da datteri, fichi secchi e biscotti al miele confezionati solo in quell'epoca.


Harira Marocchina Tradizionale

Ingredienti per 8-10 persone


500 gr di carne di manzo, tagliata a pezzi piccoli
1 cipolla
250 gr di ceci, messi a bagno la notte prima
100 gr di lenticchie, messe in ammollo la notte prima
100 gr di fave secche, messe in ammollo la notte prima
3-4 costole di sedano affettate
olio extra vergine d'oliva
prezzemolo
coriandolo
1/4 di cavolo bianco, affettato finemente
pepe nero
zenzero in polvere
curcuma in polvere
1 kg di pomodori maturi
100 gr di farina 0 (o farina di riso, per una versione gluten free)
sale




In una pentola, mettere la carne, i legumi, il cavolo e il sedano, le spezie, un poco di olio e sale con acqua fino a coprire e lasciar cuocere a fuoco lento un'ora circa, o fino a che i legumi saranno perfettamente cotti. A parte, sbucciare i pomodori e privarli dei semi, metterli a cuocere con un poco di sale fino a quando saranno quasi disfatti. Passare i pomodori al mixer, ottenendo una crema.
Mischiare la crema di pomodoro ai legumi, aggiungere il prezzemolo e il coriandolo, aggiustare di sale e far cuocere il tutto altre due ore. Alla fine, sciogliere la farina in acqua e gettarla nella zuppa, mischiare bene, per evitare grumi e cuocere ancora durante 10 minuti.


Questa zuppa partecipa alla straordinaria raccolta delle Minestre e zuppe della tradizione delle Strenne:


e, visto che la mia è una versione gluten free, partecipo al Contest di Stefania:



lunedì 30 gennaio 2012

Lo stufato: Habemus Vincitore!




E le cinque ricette finaliste furono eseguite da Gualtiero e provate.

Non è stato facile per il nostro chef prima scegliere le cinque finaliste e poi scegliere tra di loro, ma alla fine sembra non aver avuto dubbi.
Chi ha vinto un corso di cucina a Teatro 7 con Gualtiero e una Tajine Marocchina piena di spezie frangranti?

Iniziamo con le motivazioni di Gualtiero:

1: semplicità di esecuzione
2: materia prima povera e a basso costo
3: ricetta praticamente dimenticata
4: alla portata anche di coloro che non si destreggiano ancora molto bene ai fornelli
5: di mare!!! fa bene e rivaluta un cibo alternativo e non intensivo
6: un messaggio per una cucina ecosostenibile a basso impatto ambientale, filiera corta e senza interventi dell'uomo
7: calorie derivanti da grassi poche e per lo più con grassi "buoni"
8: mi piace il polpo stufato
9: per uscire dal solito luogo comune "stufato= carne di manzo"
10: perché evidentemente è così che doveva andare....

Avete capito, vero?
La nostra vincitrice unica e assoluta è...

La ricetta di Cristina, eseguita da Gualtiero Villa


E adesso Cris...mandami una mail o un messaggio su Facebook con il tuo indirizzo!!!
Congratulazioni!!!!!!!

venerdì 27 gennaio 2012

Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio...auguri Ale!





"Occhio, malocchio, prezzemolo e finocchio, 
ego me baptizzo contro il malocchio. Puh! Puh! 
E con il peperoncino e un po' d'insaléta 
ti protegge la Madonna dell'Incoronéta; 
con l'olio, il sale, e l'aceto 
ti protegge la Madonna dello Sterpeto; 
corrrrrno di bue, latte screméto, 
proteggi questa chésa dall'innominéto".




Oggi c'e in linea un gran vudù
per dirti insieme che grande sei tu
in tutte le cucine qualcosa si cuoce
per allontanar ciò che ti nuoce
peperoncino, ali di gufo e ferri di cavallo
tanto da madar blogger in impallo 
cornuucopie, quadrifogli e coccinelle
perchè oggi tu rida a crepapelle
elefanti, biscotti e pure la cacca
giusto per darti sulla spalla una pacca
perchè oggi mia cara Ale
noi siamo usciti dall'abituale
perchè in questi quarantasei
tu sappia per noi quanto speciale sei
riuniti gli amici tutti in un coro
ti offriamo ognuno un capolavoro
a viva voce e in tono eguale
diciamo insieme Auguri Ale!

che ti voglio bene è ormai risaputo
oggi ti dedico un risotto cornuto.



bell'idea la mia, un pesto per una genovese 
spero non mi mandi... a quel paese!


Risotto al finocchio con pesto di prezzemolo agli anacardi

Ingredienti per 6 persone:

5 piccoli finocchi, affettati finissimi
400 gr di riso per risotti
1 cipolla media
20-30 gr di burro
peperoncino al gusto
sale
brodo vegetale
4 manciate abbondanti di foglie di prezzemolo
4 cucchiai di anacardi
2 spicchi d'aglio
il succo di un limone
olio d'oliva extra vergine, quanto basta




Sciogliere il burro e far soffriggere la cipolla fino a farla diventare trasparente, aggiungere i finocchi e farli soffriggere fino a quando saranno quasi trasparenti anche loro. Aggiungere il peperoncino e il riso e procedere con il brodo, come un normale risotto.
Nel mixer, mettere il prezzemolo, gli anacardi, il succo di limone e l'aglio e azionarlo, diluirlo poco a poco con l'olio fino ad ottenere una conistenza cremosa. Servire il risotto, spolverato di peperoncino e sormontato da una cucchiaiata di pesto di prezzemolo.


Augurissimi da:

Fabio e Annalù,
Mapi  Flavia (ELI/Fla)
Stefania P&S
Stefania
Mai
Alessandra (Ginestra)
Giulia
Greta
Cristina B.
Mario
Emanuela
Muscaria
Roberta
Loredana
Cristina G.
Patty
Simonetta
Alessandra

giovedì 26 gennaio 2012

Tcholent askenazita (con cicerchia)...un pezzo di legno, e la memoria

Foto gentilmente concessa da Tino Veneziano www.tinoveneziano.com


È domani, 27 gennaio, il giorno della memoria, che commemora le vittime della Shoah.
Il 27 gennaio 1945 i cancelli di Auschwitz furono abbattuti e l'incubo ebbe fine. 
Se siamo qui per ricordarlo ogni anno, è perchè la maggior vittoria è quella di esserci ancora.

Oggi voglio raccontarvi una storia, una storia vera questa volta, ascoltata da chi la tragedia l'ha vissuta e ha lottato perchè tutti sapessero e nessuno dimenticasse. una vicenda umana, avvenuta tra strazi, privazioni e dolore inimaginabile, perchè, sapete, anche tra le pietre può nascere un fiore.


Foto gentilmente concessa da Tino Veneziano www.tinoveneziano.com


Il suo nome si è perso, diluito nel tempo e nell'orrore. Quando era una persona, era un'artista che intagliava il legno, fino al giorno in cui diventò un numero, nei registri del campo e sul suo braccio. Mi sembra che si chiamasse Itzack o Josef, ma non ricordo, diceva Hanna, con le lacrime agli occhi ogni volta che raccontava di lui. Arrivò a Bergen Belsen essendo un uomo forte, sornione, simpatico, irriconoscibile negli ultimi giorni, dopo aver perso nome e dignità e anche il diritto ad essere chiamato uomo.
Nei campi i soli effetti personali concessi erano la scodella e il cucchiaio, oggetti preziosissimi che tutti portavano legati a sé durante la giornata, stretti al corpo, legati alla vita, già...legati alla vita, mai gioco di parole fu così pertinente.
Ancora abile con le mani e con il prurito di tutti gli artisti, trasformò il manico del cucchiaio nel suo unico attrezzo di lavoro, raccogliendo ogni tanto un pezzo di legno e nascondendolo timorosamente sotto il pigiama a striscie, sfidando la morte per amore alla sua arte. Piccoli fiori durante l'inverno, i nomi dei suoi figli e di sua moglie che non avrebbe mai rivisto, una bozza di candela che gli ricordasse gli Shabbat in famiglia furono le poche opere che Hanna racconta di aver visto, appena disegnate, scavate sottilmente nel legno con il manico di un cucchiaio. Tutte sono anadate perse, tranne una.
Un pezzo di asse di legno, piccola, dai bordi bruciati come il suo destino, c'è inciso sopra "Zachor", che vuol dire Ricordare. Ormai malato e convinto che non avrebbe passato l'ultima selezione, lo regalò ad Hanna, forse con la consapevolezza che lei sarebbe uscita da li vincente. E così fu.
Quel pezzo di legno è vivo e ci insegna a non dimenticare. Non una volta all'anno, ma sempre. Solo ricordando nei gesti e preghiere di tutti i giorni possiamo riportare in vita quest'uomo e i sei milioni di fratelli e sorelle deceduti durante la Shoah.
Indescrivibili sono le sensazioni che ho ogni volta che vedo e tocco quel semplice pezzo di legno, quella semplice parola che ricorro con un dito, che oggi uno dei figli di Hanna conserva gelosamente.


Foto gentilmente concessa da Alessandta Gennaro http://menuturistico.blogspot.com/


Il 27 gennaio è il giorno della memoria. Io non dimentico.
Mai più...

Furono spogliati di tutto, privati della loro dignità. Sei milioni di loro, non tornarono mai a casa.

Foto gentilmente concessa da Alessandra Gennaro. http://menuturistico.blogspot.com/


foto gentilmente concessa da Alessandra Gennaro. http://menuturistico.blogspot.com/


Foto gentilmente concessa da Alessandra Gennaro. http://menuturistico.blogspot.com/




Grazie al caro amico fotografo Tino Veneziano, e alla carissima Alessandra Gennaro per aver concesso le loro foto per questo post.


Foto gentilmente concessa da Tino Veneziano www.tinoveneziano.com


 E per me, il piatto della memoria resta senza dubbio il Tcholent, un piatto ebraico askenazita al quale sono particolarmente legata, la cui storia, ricetta e spiegazioni trovate qui. Questa volta ho solo sostituito i tradizionali fagioli con la cicerchia, forse pensando che anche tra il cibo ci sono cose da ricordare e la cicerchia era fino a poco tempo fa un legume dimenticato.
Un piatto per la memoria.



lunedì 23 gennaio 2012

Tagliatelle aromatizzate alla vaniglia con nastri di zucchine e chèvre fresco



La mia prima reazione a questa nuova sfida è stata: questo mese passo, non ci riuscirò mai. Che volete, l'essere disfattista è una parte molto forte del mio carattere, purtroppo. Non avevo mai tirato una sfoglia a mano ed eso convinta in partenza che non ci sarei riuscita. L'assenza di spianatoia, mattarello lungo e coltellina nella mia cucina completavano la mia negazione a partecipare al Menù Turistico Challenge di Gennaio, al quale da quelle famose polpette svedesi, trasformate in sudafricane, ho smesso di partecipare solo a luglio, causa trasloco in Marocco. Eppure l'idea di come aromatizzarle e condirle, come al solito, sfrecciava nella mia testa dal primo giorno... Sono stati gli amici a incoraggiarmi, Flavia con le sue spiegazioni dettagliate, Mapi con i suoi video, e altri, con parole motivanti. Quindi un bel giorno mi sono decisa, ho preso farina, uova e l'ultima stecca di vaniglia che rimaneva in dispensa e mi sono messa ad impastare, incredula e psicologicamente preparata ad un fiasco colossale. Il piano B per cena era pronto, sul serio.
Riuscirci è stata una gran bella sorpresa. Cero, non sono perfette, alcune troppo spesse per mancanza di pratica nel tirare la sfoglia, i tagli non uniformi in larghezza, ma devo dire che essendo la prima volta ero soddisfattissima del riusltato e la famiglia ne è rimasta entusiasta. E immolare l'ultima stecca di vaniglia, che non si trova in Marocco, per quest'avventura è stata una grande idea a livello sensoriale. Il sapore della vaniglia rimane delicato, piacevolmente percettibile ma mai dominante e si sposa perfettamente con le zucchine, che in questo caso prendono la forma della tagliatella, per un gioco di consistenze e colori. Completa l'opera un formaggio di capra freschissimo, cremoso e compatto, sapore deciso ma non troppo forte che non toglie nulla alla percezione del gusto vanigliato. un insieme gradevole, al meno a giudicare dal fatto che non ne è rimasta neanche una...
Vorrei giusto aprire una piccola parentesi sull'uso delle zucchine, che qui non sono affatto fuori stagione in questo periodo dell'anno. Uscendo da Meknès si possono ammirare i campi di grano già seminati da qualche settimana, verdi brillanti, tempestati, invece che da papaveri, da una miriade di minuscoli narcisi bianchi. Sui banconi dei mercati da qualche settimana i piselli freschi in baccello, le fave e carote nuove cominciano ad essere presenti, come una primavera a gennaio. Questo è quel che si coltiva nelle campagne intorno la città, ma da più lontano, verso il sud, dove il clima è più mite, cominciano ad arrivare le zucchine, i peperoni, e i pomodori che per un po' non si erano visti sui banconi consunti dei mercatini e del souk. Già, perchè qui in Marocco nulla si coltiva in serra, ma tutto è coltivato a mano, all'aria e raccolto senza macchinari. I prodotti fuori stagione non si trovano mai nei mercati marocchini. Qui sembra essere tutto più genuino, come se il tempo si fosse fermato, e sembra che la primavera faccia capolino qualche mese prima, in attesa dei mesi torridi, in cui i campi di grano di oggi, daranno meloni e angurie dolcissimi.


Tagliatelle aromatizzate alla vaniglia, con nastri di zucchine e chèvre fresco

Ingredienti per 6 persone:

per le tagliatelle:
440 gr di farina 00
4 uova
1 stecca di vaniglia di Bourbon

Per il condimento:
5 zucchine
20 gr di burro, circa
sale
pepe
250 gr di formaggio di capra fresco (chèvre frais)
latte, quanto basta




Tagliare in lungo la vaniglia e raschiarla con un coltellino per prelevarne i semi. Per fare le tagliatelle, mettere la farina a fontana e lmetterci e uova dentro insieme ai semini vaniglia. Quel che rimane della stecca non va usato, nella foto è solo per fine illustrativo.


Cominciare ad impastare con una forchetta, delicatamente per cominciare ad unire la farina con le uova, tenendo cura che l'impasto semi liquido non esca dalle pareti di farina. Impastare fino ad ottenere una pasta omogenea. 

Coprire l'impasto con una ciotola (coprire a campana) e farla riposare un minimo di 20 minuti, in modo che sarà più facile stenderla. Poi su una spianatoia o su un piano infarinato stendete la pasta più fina possibile. 

Lasciate asciugare, poi arrotolatela su sè stessa e tagliatela su un tagliere in strisce di circa 6-7 mm. Non avendo né spianatoia né mattarello lungo, ho diviso la pasta in quattro e ripetuto il procedimento per ognuna delle parti.




Fate seccare le tagliatelle prima di cuocerle in abbondante acqua bollente e salata.
Per tutti i consigli per la pasta, la stesura e il taglio, vi rimando qui da Ale, che ve lo spiega meglio di me.

Lavare bene le zucchine e con un pelapatate ritagliarle in nastri lunghi, fino ad arrivare alla parte dei semi. Asciugare bene i nastri di zucchina. In una padella scaldare il burro e gettarci le zucchine, farle rosolare un pochino, il giusto per farli ammorbidire, aggiungere un po' di sale. A parte, ammorbidire il formaggio con il latte, fino ad ottenere un impasto cremoso, aggiungere un poco di sale, se necessario (provatelo prima) e pepe macinato fresco. 
Condire le tagliatelle con i nastri di zucchina e la crema di formaggio, facendo attenzione a non romperle.

Con queste tagliatelle partecipo alla sfida del MTC di Gennaio.




venerdì 20 gennaio 2012

Lo Stufato: i cinque finalisti!!



Prima di tutto Grazie.
Grazie ai 76 blog che ci hanno inviato la loro ricetta di stufato, credevo davvero che ne sarebbero arrivate molte di meno. Per Gualtiero non è stato facile scegliere tra tante validissime proposte e ha creato un ventaglio di possibilità e di idee rappresentate dai cinque selezionati da lui.
Ringrazio anche Gualtiero, per la pazienza e la celerità e Teatro 7, per la disponibilità.
Vi ricordo che le cinque ricette finaliste saranno eseguite e provate da Gualtiero Villa nel seno di Teatro 7, per decidere quale sarà il vincitore unico e assoluto di questo contest.

I finalisti, in ordine sparso, con relativa motivazione di Gualtiero sono: 


 Penna e Forchetta, con l' Agnello delle 7 ore

"Carne non facile da esaltare e domare, ottima e coraggiosa la scelta dello strumento e del mezzo di cottura."


 Chicche di Kika con Sua maestà la Cassoeula
 "Un classico della cucina del nord Italia, sempre da applauso"


 Poverimabelliebuoni, con il Porpo Briao

 "come trasportare l'idea dello stufato per trasferirla ad una “carne” alternativa."




 "Una ricetta rigorosa con poche note non convenzionali, ma di sicuro impatto e di certa riuscita!"





"L'alternativa vegetale che più mi ha colpito. Non così scontata come potrebbe apparire e ben più corposa di alcune carni o pesci."
 

 A me non resta che dire:

Complimenti a tutti e in bocca al lupo per la fase finale!



mercoledì 18 gennaio 2012

Quadrotti di torta-crumble alle ciliegie e acqua di rose


Incontri casuali.
Camminando tra i corridoi del supermercato, tra le mani la lista della spesa che sanguinava inchiostro dopo il passaggio dai surgelati, sembrava quasi una lettera d'amore disperata, con qualche lacrima caduta che ha fatto scivolare la tinta. Forse dovrei ricominciare a usare le biro, ma non mi va. E pensandolo bene, le mie liste della spesa in quel momento, due-tre mesi fa, erano sicuramente delle lettere d'amore, con ode alle dee muse della cucina, perchè tornassero da me.
Spingevo il carrello senza pensare, qui e li, prendo lo zucchero e un metro più in là mi soffermo sugli ingredienti essenziali per i dolci in cerca d'ispirazione: mandorle spellate, canditi vari, cioccolato in blocchi da due kili e se alzo lo sguardo..spuntano loro, vestite di rosso, scintillanti, intere e in liquido trasparente fluido. Un barattolo di ciliegie in conserva, non in maraschino, non in sciroppo, non candite, saranno mie, decido e quando le ripongo nel carrello i miei occhi incontrano delle bottiglie. Aromi. Guardo se forse, per miracolo nei paraggi ci fosse un estratto di vaniglia o qualche bacca, ma nulla, in Marocco sembra che non la conoscano neanche. Fiori d'arancio, Acqua di rose e altro ancora, acqua di rose! Con le ciliegie, l'ispirazione torna. Mi convinco che ciliegie e acqua di rose staranno insieme a meraviglia. E vi assicuro che avevo ragione; anzi, non io, ma la musa della cucina che aveva probabilemnte ricevuto una delle mie angosciate lettere in cui parlavo persino di chiudere l'amato Burro e Miele. Sollievo...
Sulla strada per casa penso e ripenso a cosa fare, di sicuro un dolce, ma quale? Non mi attira il solito plum cake, né una torta margherita trasformata centinaia di volte. Cerco tra i libri e le idee scorrono davanti ai miei occhi, troppo scontate, troppo complicate, troppo così, troppo cosà, ma in realtà sono io a non saper decidere come utilizzare tale preziosa combinazione. ed è anche il momento, privo di qualsiasi stimolo culinario e quella stanchezza che mordeva senza lasciarmi un momento.
Un vecchio libro in inglese, comprato in Costa Rica più di dieci anni fa mi fa l'occhiolino, sa che lo amo perchè le sue ricette riescono sempre e uguali uguali alle foto che propongono, un libro serio.
Ecco come sono nati questi quadrucci, quadrotti, torta crumble o come vogliate chiamarli voi: dall'incontro casuale di due ingredienti che volevano morire insieme e dalla ricetta suggerita da un buon, vecchio, caro libro.

La ricetta è presa dal libro "Fabulous Cakes and Bakes" di vari autori, edito da Smithmark, alla quale ho solo cambiato il nome, (Cherry Batter Cake si chiamava), aggiunto l'acqua di rose e convertita per voi da cups a grammi, prima di eseguirla, per cui andate alla sicura.


Torta-Crumble con ciliegie e acqua di rose

Ingredienti per una teglia di 33 cm x 23 cm (tipo quelle da rotolo, per intenderci)

per la base:
250 gr di farina
3 cucchiaini di lievito in polvere
85 gr di burro
200 gr di zucchero di canna grezzo
1 uovo, leggermente sbattuto
160 ml di latte
2 cucchiai di acqua di rose

per il crumble:
200 gr di ciliegie in conserva, al naturale
200 gr di zucchero di canna grezzo
60 gr di farina
1/2 cucchiaino di lievito in polvere
60 gr di burro




Scaldare il forno a 180° e preparare la teglia imburrata e foderata di carta forno.
Setacciare la farina e il lievito, aggiungere il burro, lo zucchero, l'acqua di rose, il latte e l'uovo e mischiare per bene per amalgamare il tutto, lavorare fino ad ottenere una pasta molto morbida e rigonfia, e stenderla con l'aiuto di una spatola nella teglia preparata.
Sulla pasta stesa, mettere a caso sparse le ciliegie scolate dal loro liquido di conserva.
Mischiare insieme il resto degli ingredienti del crumble e spargerlo con un cucchiaio sulle ciliegie.
Infornare per 40 minuti circa o fino a che avrà preso un bel colore oro scuro e il centro sia compatto.


lunedì 16 gennaio 2012

Zuppa gluten free di carne e dumplings di farina di piselli, ispirazione ungherese


Contrasto.
È la parola che definirebbe meglio questa zuppa. Contrasto di colori, quel verde che brilla in mezzo al rosso, rendendo il tutto invitante agli occhi, persino quelli dei bambini. Contrasto di sapori, le spezie ben dosate, in perfetta armonia con il sapore del pomodoro e il dolce del peperone arrostito. Infine le consistenze, dal morbido dei dumplings che si sciolgono quasi in bocca, al liquido del brodo e alla tenera resistenza della carne. Contrasti graditi, gioa del palato.
Una soddisfazione personale: non conoscendo quasi affatto la cucina ungherese, ho preso ispirazione unicamente dai profumi e dai sapori letti qui e li. Non posso dire che questa sia infatti una zuppa ungherese, ma semplicemente d'ispirazione. Fatto sta che mio marito e sua figlia, ospite da noi per un po' e che hanno vissuto vari anni in Ungheria, hanno detto tutti e due che somigliava moltissimo ad una zuppa che mangiavano spesso li a Budapest. E io gongolavo. :-)
Soddisfazioni e Contrasti.

Zuppa di carne d'ispirazione ungherese con dumplings di farina di piselli


Ingredienti per 6 persone:

per la zuppa:
olio extra vergine d'oliva
1 cipolla grande tritata
4 belle fette di pancetta senza il grasso*
750 gr di carne di manzo, tagliata a striscie
50 gr di fecola di mais*
1 cucchiaio colmo di paprika*
2 litri di buon brodo di carne
2 peperoni rossi arrostiti, spellati e tagliati finemente
500 ml di passata di pomodoro
2 cucchiaini di carvi macinato*
pepe nero macinato al momento
sale

per i dumplings:
250 gr di farina di piselli*
60 gr di burro *
2 cucchiaini di lievito per dolci*
latte quanto basta
rosmarino fresco
timo fresco

*Verificare che siano prodotti gluten free sulle etichette o nel prontuario del AIC.
La farina di piselli l'ho fatta in casa, macinando piselli secchi nel macina-caffé. Il carvi e il pepe sono macinati al momento.




In una pentola dai bordi alti e doppio fondo, scaldate l'olio e far rosolare la pancetta (solo la parte magra) e la cipolla, fino a quando la cipolla diventi tresparente e la pancetta croccante. Toglierli dalla pentola e metterli a parte. Nella stessa pentola, in varie riprese, far rosolare anche le stiscioline di carne fino a indorarle. Metterle a parte.
Mischiare il brodo con la paprika, la passata di pomodoro e la fecola di mais, mettere il tutto nella pentola e rimettere anche la cipolla, pancetta e carne. Portare ad ebollizione e poi abbssare il fuoco, far cuocere a fuoco basso durante un'ora e mezza. Incorporare i peperoni, sale, pepe e il carvi, lasciare a fuoco lento altri venti minuti.
Per i dumplings, lavorare la farina di piselli e il lievito con il burro fino ad ottenere una specie di pasta sabbiosa, aggiungere le erbe e poi il latte poco a poco, quanto basta per tottenere una pasta morbida, credo di averne messi circa 8 cucchiai, ma la quantità dipende dalla farina. Con questa pasta fare delle pallette della grandezza desiderata, io le ho fatte della grandezza di una noce pensando alla boccuccia del piccolo di casa, ma in realtà vanno piuttosto fatte della grandezza di una polpetta.
Riportare la zuppa a gran ebollizione alzando il fuoco e gettarci i dumplings. Saranno cotti quando torneranno a galla, come gli gnocchi. Sevire immediatamente.


Questa è la mia ricetta per il Contest Mine-(St)renne's gluten free di Stefania






venerdì 13 gennaio 2012

Pollo all'arancia e zenzero, di Helga e Magali



Seguo il blog di Helga e Magali quasi da quando lo hanno aperto. Ci vado spesso perchè aldilà delle ricette, hanno sempre qualcosa in più da raccontare ed insegnare, mi piacciono i testi di Helga e l'umanizzazione di Magali. Probabilmente chi non ha un gatto non può capire, ma io che vivo con tre felini meravigliosi, capto al volo gli stati d'umore e i racconti di vita semplice. Semplice. Sì. Perchè su Pâtes et pattes si ritrova un ambiente di una famiglia unita e serena, un elogio alla naturalità, una scappatoia ai problemi che ci facciamo ogni giorno nei suoi racconti di quotidianità.
Credo di aver sfogliato quasi tutto il blog alla ricerca della ricetta da presentare a The Recipe-tionist di Gennaio e non è stato molto facile decidersi, un po' per gusti e le mie regole alimentari, un po' per alcuni ingredienti non facili da reperire qui e alla fine la scelta è ricaduta sul Pollo di Annamaria: una preparazione semplice, dal gusto penetrante e una salsa che si caramella da sé. Invitante. Pochi ingredienti hanno dato vita straordinaria a delle cosce di pollo. Da leccarsi i baffi, come direbbe Magali.
Ma a parte la ragione di gusto e del mio amore per i sapori forti, la ricetta l'ho scelta per il post, uno dei testi di Helga che da più l'idea di ciò che è lei e la sua vita. Un 'invito appunto alla semplicità e alla spontaneità, non solo in cucina, ma nel vivere.
Mi piace. Grazie Helga!



Pollo all'arancia e zenzero, o pollo di Annamaria


Ingredienti per 6 persone:

12 cosce di pollo
il succo di 5 arance
un bicchiere di vino bianco secco
zenzero fresco grattuggiato
sale
pepe nero macinato al momento (aggiunto da me)




In una padella antiaderente fate rosolare per bene le cosce fino a che prendano colore. Aggiungere il vino e il succo d'arancia, il sale e lo zenzero grattuggiato. Coprire e far cuocere a fuoco lento durante 40 minuti, circa. Servire caldo, con la sua salsa.


Con questa ricetta partecipo al The Recipe-tionist Gennaio, di Flavia



mercoledì 11 gennaio 2012

Tartelettes (crostatine) di mandorle con caramello al miele...magia!



Una magia.
Ho sempre considerato una magia vedere come gli stessi ingredienti, combinati differentemente possono dar vita a preparazioni completamente diverse. È l'incantesimo della cucina, che alcuni potrebbero chiamare arte ma che io preferisco vedere sempre come una specie di sortilegio.
Non avevo mai fatto un caramello con il miele e non so ancora bene da cosa e come sia partita quest'idea che ha dato vita a queste tartalettes. Dovevo fare un dessert per una cena tra amici e come al solito avevo tutto il menù pianificato, tranne il dolce; è quello che mi manda sempre un po' in tilt ed è ciò che ho sempre più difficoltà a combinare con il resto del menù. Mi hanno sempre raccomandato di non fare mai esperimenti nuovi quando si hanno ospiti, che è meglio fidarsi di ricette collaudate, ma in cucina, si sa, sono disubbidiente e ribelle. L'idea nasce dalla voglia di un caramello al burro salato, dolce ma non troppo, morbido e goloso, da un barattolo di miele comprato al bordo della strada verso le montagle dell'Atlas, da una gran busta di mandorle presa al souk due giorni prima e dal poco tempo disponibile per fare un caramello vero. 
Il risultato è stato una base croccante, grazie alla frolla della nonna, un ripieno morbido, caramellato, gustoso con una consistenza quasi di un torroncino, ma molto più tenero e dalle mandorle tostate e scricchiolanti che completano l'opera e che hanno fatto valere la pena tutto il tempo passato a tagliuzzarle.
Una magia...



Ingredienti per 6 tartalettes:

Per la frolla:
200 gr di farina
100 gr di zucchero
100 grammi di burro
2 tuorli d'uovo
la buccia grattuggiata di un limone

Per il ripieno:
60 gr di burro salato
180 ml di miele di fiori d'arancio
2 cucchiai di buon brandy
2 uova, separate
2 tuorli
250 gr di mandorle tagliate a julienne


 

Per la frolla, impastare tutti gli ingredienti insieme fino ad amalgamare ed ottenere una palla di pasta da mettere in frigo a riposare una mezz'ora. Una volta risposata la pasta, stenderla su una superficie leggermente infarinata e foderare con essa 6 stampi individuali di tartalette. .
Per il ripieno, sciogliere il burro in un pentolino, insieme al miele e il brandy. Lasciar raffreddare un poco e aggiungere gli albumi (non montati), mischiare bene per incorporare perfettamente e aggiungere quindi i tuorli. Dividere le mandorle nei fondi di ogni crostatina e riempire con la preparazione a base di miele.
Infornare in forno già caldo a 180° per circa mezz'ora.


Con questa ricetta partecipo al contest Torte in Monoporzione del mio caro amico Gianni


lunedì 9 gennaio 2012

Colombo di gamberi e patate dolci...sapore dalle Antille



Sole, mare, palme, spiagge bianche. Un paradiso terrestre per vacanze da sogno ma anche per palati in cerca di sapori nuovi. Oggi vi porto a fare un giro culinario alle antille, per parlarvi più particolarmente del colombo, una polvere magica, miscela di spezie inebriante, detto anche il curry delle antille. Coriandolo, senape, curcuma, aglio, peperoncino dolce e piccante sono solo alcuni degli ingredienti di questa miscela profumata, che ricorda fortemente il curry indiano e non per caso. È infatti grazie agli indiani, per maggior esattezza i coolies, immigrati dalle Indie Orientali verso le Antille che questa miscela è stata introdotta nella zona caraibica verso il 1862, conquistando tanto da regalare poi il suo nome a tutte le preparazioni che lo contengono e diventando quasi un simbolo culinario della zona. Il colombo di pollo, per esempio, potremmo forse definirlo come il piatto nazionale in Martinica.
Questo che vi offro oggi è un piatto di mare, speziato e piccante il giusto, con l'aggiunta dei peperoncini pili pili, originari anche essi delle isole caraibiche. Un piatto che profuma di sapori lontani e che potete gustare chiudendo gli occhi e immaginando brezza salmastra, una spiaggia bianca deserta e l'ombra di una palma...




Colombo di gamberi e patate dolci

Ingredienti per 6 persone:

500 gr di gamberi grossi, sgusciati e puliti
500 gr di patate dolci
1 grossa cipolla, tritata finemente
3 chiodi di garofano
1 lime
2 spicchi d'aglio tritati
2 cucchiai di olio d'oliva
300 ml circa di brodo di pollo o fumetto di pesce
1 cucchiaio colmo di polvere di Colombo (Curry delle Antille)
2-3 peperoncini pili pili
prezzemolo tritato
sale e pepe




 Far marinare per almeno un'ora i gamberi nel succo di lime, con il chiodo di garofano, il peperoncino e una parte dell'aglio. Sbucciate le patate dolci e tagliatele in pezzi grossi. Scaldare l'olio e far soffriggere la cipolla e le patate, aggiungere il brodo o fumetto, il resto dell'aglio e la polvere di Colombo. Salare e lasciar cuocere a fuoco lento, facendo attenzione alla cottura delle patate dolci.
Quando le patate saranno cotte, far saltare rapidamente i gamberi in un poco di olio caldo, il giusto tempo solo per farli diventare rosa. Servire i gamberi mischiati alle patate dolci, bagnare il tutto con il resto della marinatura e spolverare di prezzemolo fresco tritato. 


venerdì 6 gennaio 2012

Pan Brioche alle scorze d'arancia e limone...memorie durante le feste



Le feste di fine anno sono per me piene di ambiguità di sentimenti e stimolano i ricordi. Difficile fare a meno di ricordare com'era quando eravamo bambini, con un sorriso in bocca e una lacrima negli occhi, e credetemi, vedere scorrere ricordi nella mente, distanti nel tempo e distanti materialmente dalla famiglia, diventa ancora più difficile e i sentimenti di gioia e malinconia s'incontrano e si scontrano.
Ma durante queste ultime feste c'è una persona a cui ho pensato di più, quasi come se il suo ricordo si volesse imporre, ma piano, quasi in punta di piedi, andava e tornava nelle giornate piene. Voleva farsi notare quel ricordo, con il rumore delle campanelle che lei teneva attaccate alla spalliera del letto, che ricordo da sempre come se da quando il mondo è nato, fossero state li, ottone e corda rossa.
Mia nonna ha voluto farsi ricordare più del solito durante queste feste passate e son sicura che per un po' di tempo anche lei si è unita agli spiriti che vagabondano e si annidano nella mia cucina, facendosi notare. Parlava piano, la voce familiare, pensieri sparsi, i nomignoli con cui soleva chiamarmi, così riconoscibili tra il borbottio delle pentole e il rumore di piatti e bicchieri.
Voleva dirmi qualcosa, augurarmi ogni bene come sempre lo ha fatto, voleva stringermi tra le sue braccia che non ci sono più. Lo so. l'ho sentito.
Nonna faceva la brioche più buona che abbia mai provato e non ha mai avuto un'impastatrice in casa. Tutto era fatto a mano, sapori e aromi del tempo andato. Dolce o salata, a volte con pomodoro e mozzarella sopra, la brioche migliore del mondo, ma il segreto, sono convinta, erano proprio le sue mani forti e delicate, mani profumate di amore e di carezze.

Questa non è la brioche di mia nonna. La sua ricetta la custodisco bene in un vecchio quaderno e da quando lei è andata via non l'ho mai più rifatta.
La ricetta che vi presnento oggi è la brioche di base di Christophe Felder, dal libro Patisserie alla quale ho aggiunto le scorze di arancia e limone candite che avevo fatto in casa per lo Stollen.
L'ho fatta pensando a lei, anzi, probabilmente l'ho fatta insieme a lei.





Pan Brioche con scorze candite d'arancia e di limone


Per uno stampo da cake di 32 cm:

250 gr di farina 0
30 gr di zucchero
1 cucchiaino di sale
10 gr di lievito di birra
3 uova
165 gr di burro a temperatura ambiente
100 gr di scorze candite di arancia e limone
2 tuorli per la doratura

In un recipiente mettere la farina, lo zucchero, il sale e il lievito, facendo attenzione che quest'ultimo non entri in contatto con il sale e lo zucchero. Aggiungere le uova e impastare fino ad ottenere una pasta omegenea e spessa. Aggiungere il burro e continuare ad impastare, la pasta deve diventare liscia ed elastica e non deve rompersi quando la prendete in mano. A mano, incorporare le scorze d'arancia e limone. Mettere la pasta a lievitare un paio d'ore, fino a raddoppio. Una volta lievitata, farne un salsicciotto e metterla in frigo un paio d'ore perchè diventi lavorabile.
Con la pasta tolta dal frigo, fare 4 palle di uguale grandezza e metterle in uno stampo da cake di 32 cm e far lievitare di nuovo un paio d'ore a temperatura ambiente.
Spennellare con i tuorli d'uovo e infornare in forno caldo a 180°C durante una ventina di minuti, o finchè la lama di un coltello infilata all'interno ne esca pulita.


mercoledì 4 gennaio 2012

È arrivato il PDF (st)ré Chic!!! non vorrete perdeverlo, vero?


Ed ecco a voi il PDF più chic che possa esserci. La tavola delle feste secondo le (st)renne, è una raccolta di ricette per grandi occasioni che non è detto possiate usare solo a Natale, del resto durante l'anno qualsiasi occasione è buona per coccolarsi, sorprendere ospiti, amici, famiglia, no?
 
Per scaricarlo basta fare clic sull'immagine.
Per un pdf chic e totalmente gluten free...precipitatevi da Stefania!


e mi raccomando: scaricateli, sfogliateli ma soprattutto...USATELI perchè sono tutte ricette una più bella dell'altra!

a presto!


click sull'immagine per scaricare il PDF