di Michael.
foto di Eleonora.
Identità, diversità.
È un po' la storia della mia vita racchiusa in due parole che la riassumono molto bene.
Le
differenze sono sempre state presenti in casa. E questo ovviamente,
riguarda anche il cibo. Un padre britannico, una madre francese, e nel
mezzo io, figlio unico cresciuto nella Francia del Nord-Est, attaccato
alla gonna di una nonna polacca, in una famiglia ebraica moderatamente
ortodossa, ma molto praticante e osservante. Sono cresciuto quindi sì,
nella diversità, ma sempre nei limiti delle proibizioni alimentari
dettate dalla Kasherut.
Cosa ha
marcato la differenza in fatto di cibo nella mia vita? Senza dubbio
l'emigrazione a tel Aviv.
Tel Aviv è una città dalle multiple identità. Ebrei di tutto il mondo si sono ritrovati li, ognuno con le sue culture di origine e i suoi cibi. E lo si ammetta o no, l'influenza araba ci ha regalato una ricchezza di cibo inimmaginabile che abbiamo fatto nostra.
L'incontro con gli ebrei Sefarditi e i loro profumi, la loro cucina colorata e ricca ha certamente marcato una differenza nella mia visione del cibo. E poi gli italiani, gli indiani, gli africani, tutte le comunità che hanno fatto dell'odierna cucina israeliana una cucina di fusione delle differenze, che non ha un'identità propria, ma riunisce quella di tutti, anche se ognuno nel suo angolo privato, conserva il pezzo di mondo da cui è venuto.
È un po' un paradosso, c'è lo scambio, l'unione e la fusione delle differenze, ma allo stesso tempo c'è la conservazione della propria identità; si è israeliani tutti, ma si è anche tedeschi, polacchi, marocchini di generazione in generazione. Si prende, si da, si scambia, si fonde ma si rimane quello che si era in origine.
Io sono rimasto francese. E la Francia è la mia identità, la maggior parte delle volte anche in cucina, ovunque mi trovi. Anche qui in India. È quella l'impronta che senza rifletterci troppo, do a quello che faccio la maggior parte delle volte.
Anche qui, ho riunito la bouillabaisse e il brodetto, con pesci locali e profumi di Marsiglia.
Come il brodetto, la Bouillabaisse è un piatto di pescatori, fatto con i pesci rimasti invenduti perché troppo pochi, troppo piccoli, un po' rovinati o semplicemente poco richiesti. Le uniche differenze sono che la ricetta codificata della bouillabaisse, richiede solo pesce, senza crostacei e molluschi e storicamente non si preparava in barca, ma in spiaggia, prima di ripartire per la seguente pesca.
Per comporre il mio piatto nella mente, sono stato al mercato del pesce di Delhi e, con il mio hindi ossidato e incerto, misto a inglese, ho cercato di intavolare una conversazione con i pescivendoli. Ho chiesto prima da che mare venissero, se erano di pesca o di allevamento e mi è stato giurato che erano di pesca, della baia del Bengala. Poi, ho chiesto che pesci rimanevano in genere invenduti alla fine della giornata. Devo dire che la domanda li ha sorpresi, ma tutti mi hanno detto la stessa cosa. Contrariamente che da noi, qui rimane il pesce più pregiato, ovviamente, il più caro. Sono tornato alla fine della giornata, prima della chiusura ed effettivamente quei pesci che da noi un pescatore o pescivendolo venderebbe subito, erano ancora lì. È stato così che li ho scelti per le mie rielaborazioni del brodetto di Anna Maria.
Mai l'espressione "si cucina con quello che c'è" fu così accertata.
Ho usato esclusivamente pesce, rigorosamente con squame e pinne, anche affinché "il capo" potesse mangiarlo. Cosa non si fa a cambio di belle foto.
Le due versioni hanno più o meno gli stessi ingredienti, la seconda però, non è fattibile in barca con una sola pentola, come un vero brodetto dovrebbe essere.
Per la prima, ho immaginato davvero di essere in barca e me la sono ingegnata usando solo un tegame, preparando un "quasi fumetto" dove ho cotto il pesce. Ho titubato di più sull'accompagnamento, e alla fine mi sono deciso per delle specie di "mandelbroth" salati e aromatizzati, che in stiva dovrebbero avere una lunga vita. Anche cipolla e aglio si conservano bene e quindi, ho deciso di non usare niente di fresco.
Per la seconda, ho lasciato volare la fantasia, rielaborando a mio stile la ricetta originale, dandole un tocco più fine sempre ispirato a Marsiglia, alla bouillabaisse di questa città e a quella di Martigues con le patate cotte a parte. Ha la mia impronta personale, solo per divertimento.
Per la ricetta del vero brodetto dell'Adriatico di Chioggia, andate da Anna Maria, che con un post meraviglioso e ricco di cenni storici, vi spiega tutto di questo piatto.
Brodetto del Golfo del Bengala profumato di Marsiglia
Per 6 persone
1 Kg di sea bass (spigola)
1 kg di red snapper (dentice rosso)
1,5 kg di black pomfret (traduzione non disponibile)
olio extra vergine d'oliva
1 cipolla bianca, tritata al coltello
2 spicchi d'aglio, tritati al coltello
1/2 cucchiaio di semi di anice verde
1/2 cucchiaio di semi di finocchio
100 ml di vino bianco (Cassis AOC, Clos de Magdeleine 2014)
100 ml di Pastis
2 litri d'acqua
6 pistilli di zafferano del Kashmir
pepe bianco Sarawak, macinato al momento
per il "panbiscotto" al finocchio
250 g di farina
2 cucchiaini di lievito in polvere
1 cucchiaino di pepe bianco Sarawak, macinato al momento
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai abbondanti di foglie di finocchio finemente tritate al coltello
1/4 di cucchiaino di aglio in polvere
2 uova
80 ml di olio extra vergine d'oliva
Per il Panbiscotto: Mischiare la farina, il lievito, il pepe, il sale, l'aglio in polvere e il trito di foglie di finocchio. A parte, sbattere le uova con l'olio. Aggiungere gli ingredienti liquidi a quelli asciutti e impastare fino ad ottenere una palla di impasto omogenea. Dividere l'impasto in due filoncini di 20x6 centimetri, circa e infornare in forno già caldo a 190°C per 20-25 minuti. Lasciar raffreddare per circa un quarto d'ora e tagliare i filoncini in fette trasversali, che rimetterete sulla leccarda da forno. Abbassare la temperatura a 180° e infornare altri 10-15 minuti, o fino a che diventano dorati e croccanti, avendo perso la loro umidità. Farli raffreddare completamente. In un contenitore ermetico, possono durare anche due settimane.
Per il brodetto: Pulire e sfilettare il pesce, tagliare i filetti a pezzi e riservalo in frigo. Mettere teste e lische a parte. In un tegame ampio dai bordi bassi, scaldare qualche cucchiaio d'olio e far dorare dolcemente l'aglio e la cipolla. Sfumare con il vino e il Pastis e lasciar evaporare. Aggiungere le lische e le teste del pesce e i semi di anice e finocchio, racchiusi in una garza o un pezzo di mussolina ben legata per non farli uscire. Aggiungere l'acqua, portare a ebollizione, schiumare se necessario poi abbassare il fuoco e lasciar cuocere dolcemente il tempo necessario perché il liquido si riduca alla metà, o poco meno.
Con una schiumarola con i buchi piccoli, ritirare attentamente le lische e le teste dei pesci e scartarle. Ritirare anche la musselina con i semi.
Ridurre ancora il liquido, se necessario. deve rimanerne il minimo indispensabile per la cottura del pesce e il risultato finale non deve essere troppo brodoso. Aggiungere prima il pesce più consistente e a metà cottura, aggiungere anche gli altri due. Non mescolare mai. Cuocere ancora cinque minuti coperto, poi aggiustare di sale e finire con una generosa macinata di pepe.
Servire con il pan biscotto e accompagnare con il Cassis AOC.
Reinterpretazione di un Brodetto del Golfo del Bengala
per 6 persone
2,5 kg di pesce:
sea bass (spigola)
red snapper (dentice rosso)
black pomfret
teste e lische dei pesci
1 cipolla bianca
1 carota
1 porro (solo la parte bianca)
1/2 gambo di sedano
1/4 di finocchio
1 cucchiaio di anice verde
1 cucchiaio di semi di finocchio
100 ml di Pastis
4 litri d'acqua
200 ml di panna fresca
6 pistilli di zafferano del Kashmir
olio extra vergine d'oliva
sale
pepe bianco Sarawak, macinato al momento
1/2 cipolla rossa
1 cipolla bianca
2 kg di patate
100 ml di vino bianco (Cassis AOC, Clos de Magdeleine 2014)
6 pistilli di zafferano del Kashmir
250 ml di brodo vegetale (rigorosamente fatto in casa)
olio extra vergine d'oliva
sale
pepe bianco Sarawak
1 cipolla bianca
2 spicchi d'aglio
300 ml di fumetto
200 ml di vino bianco (Cassis AOC, Clos de Magdeleine 2014)
i filetti di pesce
pepe bianco Sarawak
500 g di finocchio
olio extra vergine d'oliva
30 ml di Pastis
qualche germoglio di amaranto
Pulire e sfilettare i pesci. Tenere da parte lische e teste, tagliare i filetti a pezzi e metterli in frigo coperti.
Scaldare l'olio extra vergine d'oliva, tostare teste e lische premendo con un cucchiaio di legno. Sfumare con il Pastis e lasciar evaporare. Coprire con l'acqua fredda. Portare a bollore e aggiungere la cipolla, la carota, il sedano, il finocchio, il porro, l'anice e i semi di finocchio. Schiumare e far cuocere a fuoco lento durante due ore. Filtrare con un colino a maglie strette. Riservarne circa 300 ml e tenere in caldo. Far ridurre il resto fino a farlo diventare di consistenza di sciroppo. Intiepidire la panna e mettreci lo zafferano, lasciarlo in infusione durante 5 minuti e aggiungerla al fumetto ristretto. Far ridurre ancora, fino ad ottenere una consistenza tra il liquido e il cremoso. Salare e pepare. Tenere in caldo.
Mentre il brodo riduce, sbucciare e tagliare la mezza cipolla in 4 parti e cuocerla al vapore. Deve essere cotta, flessibile ma rimanere consistente. Passarla subito nell'acqua con ghiaccio perché non perda colore e consistenza cuocendo ulteriormente. Ricavarne dei petali.
Allo stesso tempo, scaldare un paio di cucchiai di olio extra vergine d'oliva e soffriggere il finocchio che avrete tagliato grossolanamente. Sfumarlo con il Pastis, e lasciarlo cuocere a fiamma molto bassa finché non diventi quasi sfatto. Ridurlo in purèe fermo e passarlo al chinois per eliminare eventuali fibre moleste. Tenere in caldo, o tiepido, ma non lasciarlo raffreddare. In realtà bisognerebbe poi farlo asciugare dolcemente in padella e collocarlo con una poche à douille, ma non ne ho avuto il tempo.
Per le patate. Lavare, sbucciare e tagliare le patate in fette di circa 4 cm di diametro e 1,5 di altezza. Avrete bisogno di tre fette per ogni piatto. Scaldare olio extra vergine di oliva, soffriggere dolcemente la cipolla tritata finemente fino a farla diventare traslucida, aggiungere le patate, salare e pepare e sfumare con il vino bianco, poi bagnarle con il brodo, aggiungere lo zafferano e lasciar cuocere a fuoco lento. Devono risultare cotte, consistenti, non sfatte.
In un tegame, scaldare qualche cucchiaio d'olio, far dorare dolcemente la cipolla e l'aglio, sfumare con il vino bianco, lasciar evaporare, aggiungere il fumetto e poi il pesce, prima il black pomfret che necessita di una cottura più prolungata. Dopo tre-quattro minuti, aggiungere gli altri due pesci e cuocere coperto altri cinque minuti. Deve risultare cotto ma non troppo, deve rimanere morbido e "succoso", se la signora Van Pelt mi autorizza questa parola. Aggiustare di sale e aggiungere una buona macinata di pepe bianco.
Per comporre i piatti, versare sul fondo un mestolo di salsa/fumetto, adagiarci tre pezzi di patata per piatto. Su ogni pezzo di patata, aggiungere un cucchiaino di purè di finocchio e un "petalo" di cipolla e finire decorando con i germogli di amaranto. Adagiare un pezzo di ogni pesce sulla salsa. Servire immediatamente.
Accompagnare con il vino che si è usato nella preparazione.
Grazie a Ele per il Cassis AOC e il Pastis, che provengono dalla caverna di Ali Babà esclusiva ai diplomatici francesi, per le foto, naturalmente, e per tanto altro.
Con questa ricetta partecipo al MTC di Marzo 2015, Il Broeto di Anna Maria
Ammirata come sempre. Ricette che parlano di te Mich e non si può fare a meno di entrare nella cucina con te. Grazie.
RispondiEliminaUna cucinata di gruppo si può sempre organizzare. Ti aspettiamo.
EliminaGrazie a te.
"...tutte le comunità che hanno fatto dell'odierna cucina israeliana una cucina di fusione delle differenze, che non ha un'identità propria, ma riunisce quella di tutti, anche se ognuno nel suo angolo privato, conserva il pezzo di mondo da cui è venuto. È un po' un paradosso, c'è lo scambio, l'unione e la fusione delle differenze, ma allo stesso tempo c'è la conservazione della propria identità; si è israeliani tutti, ma si è anche tedeschi, polacchi, marocchini di generazione in generazione. Si prende, si da, si scambia, si fonde ma si rimane quello che si era in origine."
RispondiEliminaParto da qui per commentare la tua ricetta, perché proprio in questo periodo sto riflettendo sull'accoglienza del diverso e sulla ricchezza che gli scambi culturali portano nella nostra vita, non solo dal punto di vista culinario. Accogliere chi è diverso da noi, vagliare ciò che ha da offrirci, trattenere quello che ci arricchisce valorizzandolo (e valorizzando quindi l'altro), sono questi i doni preziosi che ci dà la società multietnica in cui viviamo attualmente; proprio per questo, dicevo tra me e me in questo periodo, la xenofobia non ha senso di esistere, è sinonimo di chiusura, di ottusità.
Ed ecco che arrivi tu, con un post bellissimo che esemplifica le mie riflessioni personali meglio di quanto possano fare tutte le mie elucubrazioni. La Bouillabaisse contaminata e privata della rouille ma che rimane fedele a se stessa, perché fatta con i pesci che sono rimasti invenduti; il panbiscotto all'anice che accompagna la preparazione, e il cui aroma è richiamato dal Pastis; una fusione di sapori che crea un piatto meraviglioso, nuovo ma al contempo noto, la cui prima cucchiaiata avrà sicuramente l'effetto che avrebbe avuto una Madeleine sul buon Proust. :-)
Due declinazioni della stessa ricetta semplicemente fantastiche... e a me, come concorrente, resta la magra consolazione di sapere che avete appena vinto e non potete ricominciare così presto. ;-)
Ah, a proposito di tradizione che si innova, ti segnalo questo articolo di Alessandra: dice in sostanza quello che dici tu. ;-)
Complimenti ancora e grazie per queste riflessioni.
Dimenticavo: che cosa significa parve? :-)
EliminaGrazie di questo commento così attento e analitico. E grazie anche dello splendido articolo che mi hai segnalato.
EliminaNo, la xenofobia non avrà mai senso, anche perché saremo tutti prima o poi stranieri da qualche parte.
Parve fa parte del vocabolario ebraico sui cibi. Vuol dire che non è né di carne né di latte. Sono parve tutti gli alimenti di origine vegetale, le uova e il pesce.
Ho letto con interesse. Perché qualche domanda su questo dottore che si dice francese ma ha un nome inglese e scrive in perfetto italiano e vive in India con una splendida donna...beh io me l'ero fatta. Eccomi accontentata con un post che ci ha fatto fare il giro del mondo e in po' ci ha fatto schiattare. E pure i tuoi brodetti non sono da meno! Anche quello "anarchico" invita all'assaggio. E stanotte colta dalla solita insonnia leggevo...e disintegravo le mie magre ideuzze per la mia ricetta...e ora mi tocca da rifare tutto. Bravo bravo!
RispondiElimina...E vogliamo parlare del suo hindi ossidato? :-D
EliminaAhahah. vedi? a tutto c'è una spiegazione.
EliminaIl mio italiano viene dalle vacanze in Italia fatte ogni anno, anche tre volte all'anno da quando ero bambino. per i testi del blog, Ele mi aiuta, da solo non potrei farlo.
Il mio hindi ossidato viene da tantissimi anni fa, subito dopo la laurea in medicina, quando ho lavorato in India come medico per una NGO. Ma è un hindi basico e molto ossidato.
Grazie.
p.s. no, non vivo con lei.
EliminaVicino, ma non con lei.
...vivere con qualcuno non necessariamente implica la condivisione dello stesso tetto..😉
EliminaHo adorato il tuo modo quasi maniacale dell'interpretazione, la fusion vera e propria che è lontanissima dallo stravolgere delle preparazioni, quello è solo lo spettacolo, il circo. Adattare i modi alla nuova condizione è l'obiettivo. Perché cucinare e interpretare il cibo non è solo prendere gli ingredienti del posto e metterli nella pentola ma è sopratutto cercare di capire la sostanza, l'anima del piatto, e trovare l'equivalente nel nuovo contesto. Ecco, io amo le persone che guardano dentro le cose e dal modo di cucinare si capisce lo spessore umano di chi cucina. E avrei voluto sentirti come chiedi al mercato le informazioni sui pesci che restano per ultimi...avrei dato il mio naso per sentirlo ! E mi sarei fatta mettere un bel nasino francese 😊 bravo dottore !
RispondiEliminaDiciamo che è stato un momento tanto comico, perché il giorno dopo che siamo andati, ridevano tutti. :))
EliminaPuoi tenerti il tuo naso marina :)))
Grazie del bel commento.
Però non puoi fare così...sedurci e abbandonarci !
RispondiEliminaPerchè abbandonarvi?
EliminaMio caro Michael..e leggo il tuo nome alla "tedesca" dopo che ele ci ha spiegato che ci tieni molto a questa precisazione, al ritorno da Singapore e da Kuala Lumpur, dove speravamo di incontrare anche te per avere il piacere di consocerti di persona, la mia sindrome di "wanderlust", di cui ormai sono malata da anni, mi ha portato alla triste astinenza da viaggi e qualcosa mi dice...che un giorno insieme ad Eleonora mi troverò con voi in una cucina a far sprigionar profumi da pentole e pignatte, a mescolare culture, a raccontarci vite.... non è una minaccia!!! P.S. io se tu continui a cucinare così bene, in quella cucina mi limiterò a lavare piatti e pelar patate :D
RispondiEliminaSono stato molto tentato, ma ho resistito. Non era il momento propizio, per la pace familiare di che la seguissi in un viaggio "a due". Se vieni, sarebbe bellissimo, avevo giusto bisogno di qualcuno che pelasse le patate ;)))
EliminaTi aspettiamo
Mi piacciono entrambe le versioni, sia quella più rustica che quella più raffinata. E sulle contaminazioni mi sono già espressa nel commento alla ricetta di Eleonora: le adoro.
RispondiEliminaGrazie Mariella.
EliminaQuesto non è un brodetto, nè tanto meno una ricetta....qui si parla di capolavoro! Bellissima la parte narrativa delle tue origini e delle tue influenze. La ricetta è davvero un ( passami il termine!) "orgasmo gastronomico"! ... A presto! ;)
RispondiElimina"orgasmo gastronomico" mancava al mio vocabolario italiano.
Eliminalo terrò a mente :))
Mi mancano le parole....in tutte le lingue a me conosciute (4+3 dialetti)!!!!
RispondiEliminaMa come fate?!?!?!?! I vostri piatti sono poesie cosmopolite, fanno sognare, riflettere, viaggiare.
Ammirazione a tutto andare.
Fantastici.
Ciao Michael, ho scelto anche io di reinterpretare la buillabaisse. Le tue parole mi hanno fatto sentire lì vicino a voi. Vicina a tante realtà altre dalla mia e con le quali mi confronto per individuare un poco di più me stessa. Che sorta di miracolo, no? Quanto mi piacerebbe cucinare con voi una zuppa! Complimenti per la bellezza di tutto :-)))
RispondiEliminaDa quando ho avuto modo di conoscervi meglio con la sfida del miele, da voi mi aspetto sempre meraviglie e non tradite mai l'aspettativa.
RispondiEliminaSolamente a leggere che hai voluto fare una ricetta come se fossi proprio un barca ho pensato "genio" , che altro dire, vi adoro.
Bacioni
Michael, che dire? Sei approdato in un gioco che da sempre ha fatto della diversità il suo punto di forza: qui ognuno condivide quello che ha, in una condivisione che è sempre valorizzante: nn solo per chi prende, ma anche per chi dà. Tu hai portato una nota di profondità che ci rende ogni volta più consapevoli e di questa peculiarità e di questa ricchezza, di questa intersezione che è serbatoio inesauribile di risorse e luogo di identità, nella differenza. E lo hai fatto con una cultura e una classe senza pari, che trovano espressione in queste due reinterpretazioni, entrambe misura di un sentire e di un esprimere del tutto fuori dal comune. Non finirò mai di ringraziare la buona stella che ti ha portato a noi.
RispondiEliminaLa tua reinterpretazione è veramente uno spettacolo! Complimenti, leggere le tue ricette è un vero piacere...
RispondiEliminaBlack pomfret mi sa che è l'halibut (Parastromateus niger) ma al di là di questo, il nome o la tipologia del pesce non cambierebbe la meraviglia delle tue ricette. Adoro entrambe le versioni, e resto sempre impressionata sia dal modo in cui scrivi, sia dal modo in cui cucini: entrambi sono di una raffinatezza e un'eleganza che raramente si trovano in giro. Complimenti dottore, sempre più contenta di averti fra noi!
RispondiEliminaCome prima cosa volevo ringraziarti delle parole che hai usato per il post del broetto. Poi raccolgo il testimone e ti seguo, silenziosa, come un'ape in cerca di un fiore con il quale inebriarsi. Sono con te al mercato ad osservare il pesce, mentre annusi il pepe e scegli quello giusto e selezioni, senza scaldarli, i pistilli di zafferano. Osservo le tue mani mentre impasti quel "pan biscotto" che preparo spesso anch'io e sorrido al profumo e alla densità del pastis. Mi immagino mentre lavi l'unica pentola presente nella tua barca e, una volta sceso, mentre stappi quella bottiglia che raccoglie un vino tanto prezioso per accompagnare un brodetto che nel frattempo si è vestito da sera.. C'è un proverbio che dice "Chi si somiglia, si piglia". Ma io credo ci si pigli soprattutto nelle differenze e nel saperle trasformare, armonicamente. Grazie per aver condiviso tutto questo con noi. Anna Maria.
RispondiEliminaChe splendida ricetta e magnifica interpretazione.
RispondiEliminaQuesto post è tutto da leggere e da imparare in ogni dettaglio. Complimenti
La capacità con cui hai raccontato l'iter seguito per preparare questo brodetto (credo di poter parlare a nome di diversi lettori) mi ha dato, ci ha dato, la sensazione di essere lì... Complimeti, non aggiungo altro!
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