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lunedì 27 marzo 2017

La nostra Tarte au Chocolat, per il club del 27




"Nostra" si fa per dire.
In realtà l'ha fatta il dottore lui da solo partendo da questa ricetta, per il Club del 27.

Il magnifico banner della nostra Franci


Sono impegnatissima ultimamente.
Presissima in un progetto grande e bellissimo a cui dedico tutto il tempo e l'energia che ho, ma che sono sicura mi darà enormi soddisfazioni. Ve ne parlerò più in là, perchè sempre di cucina si tratta, ma ancora non è tempo.

Questo club del 27, mi sa che dobbiamo passare, ho detto al socio, sommersa tra libri, in andirivieni tra computer, fogli sparsi, cucina e storie di un ordinario quotidiano da gestire.
Ma per lui il verbo passare non esiste, a meno che non riguardi le verdure.

Per farla breve, il compromesso è stato: lui fa la tarte au chocolat, io scrivo il post.
Avrei dovuto però immaginare il disastro. :)
Mettete il dottore a fare il confit de canard, le terrine, i paté, i fondi bruni e fondi bianchi, le salse più complicate, gli arrosti perfetti, ma non chiedetegli di fare un dolce da solo. I dolci non sono nelle sue corde e la pazienza, la precisione e i gesti calmi che ha normalmente in cucina, si perdono nel vuoto. 

Ma come sempre e non solo per questo, ho solo da ringraziarlo, anche se, concentrata nella scrittura di qualcosa di importante, un urlo dalla cucina mi ha scossa:
Eleeeeeeee!!!! vieni a vedereee! Aiutooooo!!!

Praticamente all'aggiungere la panna al cioccolato si è smontato tutto, si è separato il burro di cacao dal resto e la ganache che doveva essere liscia e setosa e pure brillante, è diventata un ammasso colloso, separato dai grassi. Ci è voluta quasi un'ora della sua proverbiale pazienza, armato di frullatore a immersione per recuperarla.
Infine, gusto buono, e buona consistenza malgrado la scelta di uno stampo troppo piccolo, ma una ganache opaca, direi inguardabile :)

Ma in fin dei conti, come farei senza di lui?


Tarte au chocolat

per la sablée alle mandorle

120 g di burro
2 g di sale fino
90 g di zucchero a velo
15 g di farina di mandorle
1 uovo
240 g di farina

Per la ganache:

350 g di cioccolato fondente 70% cacao 
250 g di panna fresca
1 cucchiaio di miele
50 g di burro




Mescolate il burro ammorbidito tagliato a cubetti con il sale, 60 g della farina, lo zucchero, la farina di mandorle e l'uovo. Quando tutti questi ingredienti saranno ben mescolati, aggiungete il resto della farina e lavoratela fino ad avere una pasta che si formerà in una palla liscia.
tra due fogli di carta forno, stendete la pasta e mettela a riposare in congelatore per 30 minuti.
(primo errore:scegliere uno stampo da 20 cm, ce ne sarebbero voluti almeno 23)
Dopo questo riposo, foderare con la pasta uno stampo da crostata iburrato e rimettetelo in congelatore.
Scaldare il forno a 160°
Infornare la pasta per 20 minuti, o fino a che sia ben dorata.
Intanto, preparare la ganache.
Sciogliere to il cioccolato a bagno maria e scaldare la panna insieme al miele.
Unire i due composti e mescolate con una spatola.

Una volta che il composto ha raggiunto i 35°C, unire il burro a pezzetti.

Sfornare il guscio di frolla, lasciarlo raffreddare e versare la ganache. Aspettare che raffreddi un pochino e metterla in frigorifero il tempo necessario per farla rapprendere e reffreddare completamente.

mercoledì 16 marzo 2016

Brodetto del Golfo del Bengala al profumo di Marsiglia, in due versioni (ricetta parve)





di Michael.
foto di Eleonora.


Identità, diversità.
È un po' la storia della mia vita racchiusa in due parole che la riassumono molto bene.
Le differenze sono sempre state presenti in casa. E questo ovviamente, riguarda anche il cibo. Un padre britannico, una madre francese, e nel mezzo io, figlio unico cresciuto nella Francia del Nord-Est, attaccato alla gonna di una nonna polacca, in una famiglia ebraica moderatamente ortodossa, ma molto praticante e osservante. Sono cresciuto quindi sì, nella diversità, ma sempre nei limiti delle proibizioni alimentari dettate dalla Kasherut.
Cosa ha marcato la differenza in fatto di cibo nella mia vita? Senza dubbio l'emigrazione a tel Aviv.
Tel Aviv è una città dalle multiple identità. Ebrei di tutto il mondo si sono ritrovati li, ognuno con le sue culture di origine e i suoi cibi. E lo si ammetta o no, l'influenza araba ci ha regalato una ricchezza di cibo inimmaginabile che abbiamo fatto nostra. 
L'incontro con gli ebrei Sefarditi e i loro profumi, la loro cucina colorata e ricca ha certamente marcato una differenza nella mia visione del cibo. E poi gli italiani, gli indiani, gli africani, tutte le comunità che hanno fatto dell'odierna cucina israeliana una cucina di fusione delle differenze, che non ha un'identità propria, ma riunisce quella di tutti, anche se ognuno nel suo angolo privato, conserva il pezzo di mondo da cui è venuto.
È un po' un paradosso, c'è lo scambio, l'unione e la fusione delle differenze, ma allo stesso tempo c'è la conservazione della propria identità; si è israeliani tutti, ma si è anche tedeschi, polacchi, marocchini di generazione in generazione. Si prende, si da, si scambia, si fonde ma si rimane quello che si era in origine.
Io sono rimasto francese. E la Francia è la mia identità, la maggior parte delle volte anche in cucina, ovunque mi trovi. Anche qui in India. È quella l'impronta che senza rifletterci troppo, do a quello che faccio la maggior parte delle volte.
Anche qui, ho riunito la bouillabaisse e il brodetto, con pesci locali e profumi di Marsiglia.

Come il brodetto, la Bouillabaisse è un piatto di pescatori, fatto con i pesci rimasti invenduti perché troppo pochi, troppo piccoli, un po' rovinati o semplicemente poco richiesti. Le uniche differenze sono che la ricetta codificata della bouillabaisse, richiede solo pesce, senza crostacei e molluschi e storicamente non si preparava in barca, ma in spiaggia, prima di ripartire per la seguente pesca.
Per comporre il mio piatto nella mente, sono stato al mercato del pesce di Delhi e, con il mio hindi ossidato e incerto, misto a inglese, ho cercato di intavolare una conversazione con i pescivendoli. Ho chiesto prima da che mare venissero, se erano di pesca o di allevamento e mi è stato giurato che erano di pesca, della baia del Bengala. Poi, ho chiesto che pesci rimanevano in genere invenduti alla fine della giornata. Devo dire che la domanda li ha sorpresi, ma tutti mi hanno detto la stessa cosa. Contrariamente che da noi, qui rimane il pesce più pregiato, ovviamente, il più caro. Sono tornato alla fine della giornata, prima della chiusura ed effettivamente quei pesci che da noi un pescatore o pescivendolo venderebbe subito, erano ancora lì. È stato così che li ho scelti per le mie rielaborazioni del brodetto di Anna Maria. 
Mai l'espressione "si cucina con quello che c'è" fu così accertata.
Ho usato esclusivamente pesce, rigorosamente con squame e pinne, anche affinché "il capo" potesse mangiarlo. Cosa non si fa a cambio di belle foto.

Le due versioni hanno più o meno gli stessi ingredienti, la seconda però, non è fattibile in barca con una sola pentola, come un vero brodetto dovrebbe essere.
Per la prima, ho immaginato davvero di essere in barca e me la sono ingegnata usando solo un tegame, preparando un "quasi fumetto" dove ho cotto il pesce. Ho titubato di più sull'accompagnamento, e alla fine mi sono deciso per delle specie di "mandelbroth" salati e aromatizzati, che in stiva dovrebbero avere una lunga vita. Anche cipolla e aglio si conservano bene e quindi, ho deciso di non usare niente di fresco.

Per la seconda, ho lasciato volare la fantasia, rielaborando a mio stile la ricetta originale, dandole un tocco più fine sempre ispirato a Marsiglia, alla bouillabaisse di questa città e a quella di Martigues con le patate cotte a parte. Ha la mia impronta personale, solo per divertimento.

Per la ricetta del vero brodetto dell'Adriatico di Chioggia, andate da Anna Maria, che con un post meraviglioso e ricco di cenni storici, vi spiega tutto di questo piatto.



Brodetto del Golfo del Bengala profumato di Marsiglia


Per 6 persone

1 Kg di sea bass (spigola)
1 kg di red snapper (dentice rosso)
1,5 kg di black pomfret (traduzione non disponibile)
olio extra vergine d'oliva
1 cipolla bianca, tritata al coltello
2 spicchi d'aglio, tritati al coltello
1/2 cucchiaio di semi di anice verde
1/2 cucchiaio di semi di finocchio
100 ml di vino bianco (Cassis AOC, Clos de Magdeleine 2014)
100 ml di Pastis
2 litri d'acqua
6 pistilli di zafferano del Kashmir 
pepe bianco Sarawak, macinato al momento






per il "panbiscotto" al finocchio

250 g di farina
2 cucchiaini di lievito in polvere
1 cucchiaino di pepe bianco Sarawak, macinato al momento
1 cucchiaino di sale
2 cucchiai abbondanti di foglie di finocchio finemente tritate al coltello
1/4 di cucchiaino di aglio in polvere
2 uova
80 ml di olio extra vergine d'oliva






Per il Panbiscotto: Mischiare la farina, il lievito, il pepe, il sale, l'aglio in polvere e il trito di foglie di finocchio. A parte, sbattere le uova con l'olio. Aggiungere gli ingredienti liquidi a quelli asciutti e impastare fino ad ottenere una palla di impasto omogenea. Dividere l'impasto in due filoncini di 20x6 centimetri, circa e infornare in forno già caldo a 190°C per 20-25 minuti.  Lasciar raffreddare per circa un quarto d'ora e tagliare i filoncini in fette trasversali, che rimetterete sulla leccarda da forno. Abbassare la temperatura a 180° e infornare altri 10-15 minuti, o fino a che diventano dorati e croccanti, avendo perso la loro umidità. Farli raffreddare completamente. In un contenitore ermetico, possono durare anche due settimane.

Per il brodetto: Pulire e sfilettare il pesce, tagliare i filetti a pezzi e riservalo in frigo. Mettere teste e lische a parte. In un tegame ampio dai bordi bassi, scaldare qualche cucchiaio d'olio e far dorare dolcemente l'aglio e la cipolla. Sfumare con il vino e il Pastis e lasciar evaporare. Aggiungere le lische e le teste del pesce e i semi di anice e finocchio, racchiusi in una garza o un pezzo di mussolina ben legata per non farli uscire. Aggiungere l'acqua, portare a ebollizione, schiumare se necessario poi abbassare il fuoco e lasciar cuocere dolcemente il tempo necessario perché il liquido si riduca alla metà, o poco meno.
Con una schiumarola con i buchi piccoli, ritirare attentamente le lische e le teste dei pesci e scartarle. Ritirare anche la musselina con i semi. 
Ridurre ancora il liquido, se necessario. deve rimanerne il minimo indispensabile per la cottura del pesce e il risultato finale non deve essere troppo brodoso. Aggiungere prima il pesce più consistente e a metà cottura, aggiungere anche gli altri due. Non mescolare mai. Cuocere ancora cinque minuti coperto, poi aggiustare di sale e finire con una generosa macinata di pepe.
Servire con il pan biscotto e accompagnare con il Cassis AOC.



Reinterpretazione di un Brodetto del Golfo del Bengala 


per 6 persone

2,5 kg di pesce:
sea bass (spigola)
red snapper (dentice rosso)
black pomfret

teste e lische dei pesci
1 cipolla bianca
1 carota
1 porro (solo la parte bianca)
1/2 gambo di sedano
1/4 di finocchio
1 cucchiaio di anice verde
1 cucchiaio di semi di finocchio
100 ml di Pastis
4 litri d'acqua

200 ml di panna fresca
6 pistilli di zafferano del Kashmir
olio extra vergine d'oliva
sale
pepe bianco Sarawak, macinato al momento

1/2 cipolla rossa

1 cipolla bianca
2 kg di patate
100 ml di vino bianco (Cassis AOC, Clos de Magdeleine 2014)
6 pistilli di zafferano del Kashmir
250 ml di brodo vegetale (rigorosamente fatto in casa)
olio extra vergine d'oliva
sale
pepe bianco Sarawak

1 cipolla bianca
2 spicchi d'aglio
300 ml di fumetto
200 ml di vino bianco (Cassis AOC, Clos de Magdeleine 2014)
i filetti di pesce
pepe bianco Sarawak

500 g di finocchio
olio extra vergine d'oliva
30 ml di Pastis

qualche germoglio di amaranto






Pulire e sfilettare i pesci. Tenere da parte lische e teste, tagliare i filetti a pezzi e metterli in frigo coperti.
Scaldare l'olio extra vergine d'oliva, tostare teste e lische premendo con un cucchiaio di legno. Sfumare con il Pastis e lasciar evaporare. Coprire con l'acqua fredda. Portare a bollore e aggiungere la cipolla, la carota, il sedano, il finocchio, il porro, l'anice e i semi di finocchio. Schiumare e far cuocere a fuoco lento durante due ore. Filtrare con un colino a maglie strette. Riservarne circa 300 ml e tenere in caldo. Far ridurre il resto fino a farlo diventare di consistenza di sciroppo. Intiepidire la panna e mettreci lo zafferano, lasciarlo in infusione durante 5 minuti e aggiungerla al fumetto ristretto. Far ridurre ancora, fino ad ottenere una consistenza tra il liquido e il cremoso. Salare e pepare. Tenere in caldo.
Mentre il brodo riduce, sbucciare e tagliare la mezza cipolla in 4 parti e cuocerla al vapore. Deve essere cotta, flessibile ma rimanere consistente. Passarla subito nell'acqua con ghiaccio perché non perda colore e consistenza cuocendo ulteriormente. Ricavarne dei petali.
Allo stesso tempo, scaldare un paio di cucchiai di olio extra vergine d'oliva e soffriggere il finocchio che avrete tagliato grossolanamente. Sfumarlo con il Pastis, e lasciarlo cuocere a fiamma molto bassa finché non diventi quasi sfatto. Ridurlo in purèe fermo e  passarlo al chinois per eliminare eventuali fibre moleste. Tenere in caldo, o tiepido, ma non lasciarlo raffreddare. In realtà bisognerebbe poi farlo asciugare dolcemente in padella e collocarlo con una poche à douille, ma non ne ho avuto il tempo.
Per le patate. Lavare, sbucciare e tagliare le patate in fette di circa 4 cm di diametro e 1,5 di altezza. Avrete bisogno di tre fette per ogni piatto. Scaldare olio extra vergine di oliva, soffriggere dolcemente la cipolla tritata finemente fino a farla diventare traslucida, aggiungere le patate, salare e pepare e sfumare con il vino bianco, poi bagnarle con il brodo, aggiungere lo zafferano e lasciar cuocere a fuoco lento. Devono risultare cotte, consistenti, non sfatte.
In un tegame, scaldare qualche cucchiaio d'olio, far dorare dolcemente la cipolla e l'aglio, sfumare con il vino bianco, lasciar evaporare, aggiungere il fumetto e poi il pesce, prima il black pomfret che necessita di una cottura più prolungata. Dopo tre-quattro minuti, aggiungere gli altri due pesci e cuocere coperto altri cinque minuti. Deve risultare cotto ma non troppo, deve rimanere morbido e "succoso", se la signora Van Pelt mi autorizza questa parola. Aggiustare di sale e aggiungere una buona macinata di pepe bianco.
Per comporre i piatti, versare sul fondo un mestolo di salsa/fumetto, adagiarci tre pezzi di patata per piatto. Su ogni pezzo di patata, aggiungere un cucchiaino di purè di finocchio e un "petalo" di cipolla e finire decorando con i germogli di amaranto. Adagiare un pezzo di ogni pesce sulla salsa. Servire immediatamente.
Accompagnare con il vino che si è usato nella preparazione.





Grazie a Ele per il Cassis AOC e il Pastis, che provengono dalla caverna di Ali Babà esclusiva ai diplomatici francesi, per le foto, naturalmente, e per tanto altro.




Con questa ricetta partecipo al MTC di Marzo 2015, Il Broeto di Anna Maria




martedì 24 marzo 2015

Quiche allla bieta, con Bleu d'Auvergne, pere e noci



Quando ero piccola detestavo la bieta. Non c'era verso di farmela mangiare sebbene fosse un contorno molto (e fin troppo) comune sulla nostra tavola, soprattutto a inizio della primavera, epoca in cui cresceva riglogliosissima in una parte del giardino senza che nessuno l'avesse mai seminata o piantata. Erba gratis. Mia madre ne faceva uso e abuso, ma sempre e solo bollita e condita con olio e limone. Che gioia.
Da grande, non l'ho mai neanche guardata o considerata prima della Pasqualina di Vittoria, proprio al MTC. E fu amore.
Quest'anno in Marocco la bieta è stata straordinariamente buona e abbondante durante la seconda metà dell'inverno e quest'inizio di primavera. L'ho proposta in tanti modi, dal metterla nella pasta, al farci il risotto, o gratinata, insieme a broccoli e fagioli e altro ancora. Un altro mondo. Mi manca solo il coraggio di provarla lessata con olio e  limone. Ma anche no.
Ancora una volta ho dovuto scegliere tra l'uso del burro o della carne e come al solito ha vinto il burro, perchè diciamocelo, la brisée all'olio o alla margarina non esiste proprio almeno a casa mia.
Sono allora andata al mercato in cerca d'idee per la quiche e quel fascione di bieta propostomi dal mio verduraio di fiducia mi ha dato la risposta per la mia quiche obbligatoriamente vegetariana.
Hanno completato il resto il Bleu d'Auvergne, formaggio erborinato che adoro e che, stranamente anche i bambini amano e le pere, piccole e dolci, prodotte in Marocco a dare una nota di dolcezza che spezzasse con il resto. Le noci sono state aggiunte in corso d'opera per avere un gioco di consistenze e una nota croccante nel ripieno morbido.
Il sapore di questa quiche era per me straordinario, modestia a parte. Sébastien che compiva due anni il giorno in cui l'ho fatta, ne ha mangiate due fette dopo averci spento la candelina a forma di due. Lolo, che in questi ultimi mesi vive d'aria e frutta, l'ha mangiata volentieri...un gran traguardo!
La tecnica di cottura in bianco spiegata dalla Mapi (link più giù) mi ha permesso di avere una quiche perfettamente cotta il cui fondo non è rimasto più morbido del resto come spesso mi accade. 
Gusto e consistenza da sballo insomma.
Ma, e c'è un ma, ho commesso due errori: Ho usato uno stampo da crostata da 30 cm invece di 28 come da ricetta di Flavia, perchè con fondo amovibile avevo solo quello e quindi la pasta è stata stesa troppo sottile. L'altro errore è che ho distribuito male il ripieno, per cui da una parte è straripato, causando una differenza notevole di cottura in superficie, come si può vedere dalla foto.
Adesso ho uno stampo da crostata più piccolo e credo che mi prenderò una rivincita personale su questa pasta brisée del Maestro Roux, perchè merita davvero. Personalmente, credo che l'adotterò anche per il futuro, come fu per la pasta delle crêpes del MTC, adottata e mai più cambiata.
 

Quiche alla bieta, Bleu d'Auvergne, pere e noci

Ingredienti per una quiche di 28 cm

375 g di basta brisée di Michel Roux (ricetta e trucchi da Flavia)

250 g di Bleu d'Auvergne
400 g di bieta
1 manciata di gherigli di noci
2 pere piccole
250 ml di crème fraîche densa
2 uova sbattute
1 spicchio d'aglio
olio extra vergine d'oliva
sale e pepe


Per la ricetta della pasta brisée e i suoi trucchi e barbatrucchi vi rimando qui
Per i segreti dellala cottura in bianco, vi rimando qui



Lavare, asciugare e tagliare sottilmente la bieta, usando le foglie e la parte più tenera delle coste. In una padella, riscaldare l'olio e far soffriggere l'aglio senza bruciarlo e aggiungere la bieta, salare  e pepare al gusto e abbassare il fuoco e cuocere fino a che la verdura rarà "appassita" e le coste cotte.
Mischiare la crème fraîche con le uova, aggiungendo un po' di sale, tenendo in conto che già ce n'è nella bieta. Tagliare le pere a cubetti. Sbriciolare il Bleu d'Auverge. Sminuzzare grossolanamente i gherigli di noci.
Nel guscio di pasta cotto in bianco, adagiare la bieta, avendo tolto lo spicchio d'aglio, poi sparpagliare sopra di essa il resto degli ingredienti. Coprire con il composto di crema e uova.


Infornare in forno caldo a 180°C per 45 minuti circa o fino a che il ripieno si sia rappreso e dorato.


Con questa ricetta partecipo al MTC di marzo, 2015.



lunedì 16 luglio 2012

Gelato al foie gras, su pain d'épices, con coulis di fichi (senza gelatiera)




Lo so che non siamo a Natale. Ma per noi ogni scusa è buona per mangiare un buon foie gras. E ci voleva Mapi per avere inoltre la scusa di trasformarlo in gelato. Era tanto tempo che ci pensavo, ma mi ci voleva una buona ricetta di base come la sua per realizzare questa fantasia culinaria che mi perseguitava. Complici i fichi di Azrou, una località poco distante da Meknés che produce una varietà di fichi tra le migliori del mondo, non lo dico io, lo dicono gli intenditori. Fatto sta che da quando ne è iniziata la stagione, ne sto mangiando a quantità per quanto sono dolci e buoni. Li vendono al mercato, su carretti rivestiti di foglie di fico e presentati in suggestivi cesti cilindrici di paglia, il cui coperchio è formato anch'esso di foglie di fico. L'aroma che ne scaturisce è dolce e colloso, attira da vari metri di distanza e quando te ne offrono uno con il garbo e gentilezza tipici marocchini, ne mangeresti un alto e un altro ancora.
In questa ricetta il foie gras incontra i suoi due accompagnamenti più classici, che sono appunto i fichi e il pain d'épices, il tutto trasformato in un piccolo antipasto un po' fuori dal comune, ma che a noi è piaciuto moltissimo e che il quasi marito, superato lo scetticismo iniziale, ha mangiato e rimangiato.
Avevo un po' paura del risultato, in termini di proporzioni tra zuccheri e grassi. Non so se l'uso della panna e latte di soia abbia contribuito, ma il gelato che ne è venuto fuori è stato corposo, denso e cremoso, poco più consistente di quello alla crema.
Dicevo, lo so che non siamo a Natale, ma a Natale i fichi freschi non ci sono.





Gelato al foie gras su pain d'épices, con coulis di fichi


Per 6 persone, una pallina di gelato ciascuno

Per il gelato al foie gras:

300 ml di latte (per me di soia)
3 tuorli d'uovo
20 gr di zucchero semolato
150 gr di bloc de foie gras (foie gras intero cotto, in scatola)
200 ml di panna (per me di soia)
un pizzico di sale
pepe nero macinato al momento

per il pain d'épices:
(Ricetta dal diario di Sarah Hillman)

250 gr di miele d'acacia
50 gr di zucchero di canna scuro (cassonade)
125 gr di farina 00
125 gr di farina integrale
1 bustina di lievito per dolci
100 ml di latte freddo (per me di soia)
2 uova grandi
1 cucchiaino di anice verde in polvere
1 cucchiaino di cardamomo in polvere
1 cucchiaino di zenzero in polvere
1 cucchiaino di cannella in polvere
1/2 cucchiaino di noce moscata grattata

per il coulis di fichi:

200 gr di fichi verdi
25 gr di zucchero


Il giorno prima, procedere con la elaborazione del pain d'épices. Scaldare il miele con lo zucchero fino a dissolvere lo zucchero, lasciar intiepidire. In una terrina, mischiare le farine con il lievito e fare un buco nel centro e versarci il latte freddo, le spezie, le uova e per ultimo il miele tiepido. Sbattere energicamente con la frusta fino ad ottenere un composto liscio e omogeneo. Infornare in uno stampo da cake unto d'olio in forno già caldo a 180°C per una quarantina di minuti. Se fosse necessario, coprire con alluminio a metà cottura, io non ne ho avuto bisogno. Sformarlo ancora caldo e lasciarlo raffreddare, poi avvolgerlo in alluminio per 24 ore per gustarlo in tutto il suo splendore, di sapore e morbidezza.




Per il gelato: sbattere i tuorli con lo zucchero finchè si ottiene un composto rigonfio, liscio e brillante. Scaldare il latte quasi al bollore, aggiungere il foie gras ridotto a pezzetti, mischiare per incorporare bene, aggiungere un pizzico di sale e un poco di pepe nero macinato al momento. Versare il latte al foie gras a filo sulle uova. Riportare il composto sul fuoco fino ad arrivare a una temperatura di 85°, se non avete il termometro, spegnate il fuoco quando la crema ricoprirà il dorso di un cucchiaio di legno. Raffreddare subito la crema, immergendo la pentola in acqua con ghiaccio e mischiando in continuazione per far raffreddare omogeneamente. Cambiare varie volte l'acqua e ghiaccio fino a raffreddamento totale della crema. Riporre la crema in un recipiente ermetico in frigo per almeno un'ora. Quando la crema sarà ben fredda, mischaiarla con la panna e mettere il tutto in un contenitore basso, lungo e largo e riporre in congelatore circa 90 minuti. Trascorso questo tempo sbattere la crema con le fruste elettriche o nel mixer e riporla di nuovo in congelatore per un'ora e mezza, dopodiché sbatterete di nuovo e poi una terza volta dopo un'altra ora e mezza. Dopodiché ritrasferirlo in congelatore, nella vaschetta che lo conterrà definitivamente, a circa 6 mm dal bordo, coprendo la superficie con un pezzo di carta forno per almeno un'altra ora. Passarlo poi in frigo, almeno 20 minuti prima di servirlo.




Per il coulis di fichi, sbucciare i fichi e frullarne la polpa insieme allo zucchero e passare il tutto al chinois, premendo bene con l'aiuto di un cucchiaino. Conservare in frigo, non più di 24 ore, poichè lo zucchero aiuta la fermentazione dei fichi.

Per servire, tagliare tre fette di pain d'épices e toglierne la crosta. Tagliarle a metà e servire una metà in ogni piatto. Adagiare una pallina di gelato sulle fette di pain d'épices e bagnarla con il coulis di fiichi. Servire subito.


Con questa ricetta partecipo al MTC di luglio




martedì 27 marzo 2012

Crêpes con mousse al cioccolato grand cru, su salsa al caffé verde...sapor di Costa Rica



Che io sia legata a questo piccolo paese dell'America Centrale non è un segreto per nessuno. Dopo averci vissuto per ben diciassette anni, lì ho lasciato parte del cuore e dell'anima, ma ne ho anche assimilato ricordi, sapori, aromi e sensazioni che ho portato con me.
Bagnato da due oceani, terra di vulcani e foreste tropicali, il Costa Rica produce tra i migliori caffé del mondo: i Grand Cru Tournon, Bella Vista e Tarrazù. Quest'ultimo è senza dubbio il più pregiato, coltivato a quote elevate tra i 1200 e i 1650 metri da piccoli produttori, è rigorosamente raccolto a mano e lavorato con processi naturali di lavatura e fermentazione. Non a caso, la famosa catena di caffetterie Stabucks compra ogni anno l'intera produzione di questo caffé tanto rinomato, doc e di origine certificata.
La raccolta del caffé avviene una volta all'anno, da dicembre a marzo ed è l'unico periodo in cui si può trovare del caffé verde fresco. Il caffé verde non è altro che il prodotto appena colto, privato della lucida buccia rossa e della polpa, lavato, ma non ancora completamente seccato e torrefatto. Possiede un aroma ineguagliabile, intenso, dalle fragranze agrumate e floreali e un residuo di mandorla.
Questa tornata di Menù Turistico Challenge prevedeva le crêpes in versione primo piatto o dolce. Mentre riflettevo su come farle, mi son ricordata di possedere sul vecchio quaderno delle ricette ricuperate qui e li, una ricetta di una salsa dolce al caffé verde e non ho esitato a farmelo mandare, assistita dalla fortuna di essere nel buon periodo dell'anno.
Per completare l'opera ho pensato al cioccolato e ho scelto un Grand Cru, perché un fondente qualsiasi avrebbe forse stonato con l'eccellenza di origine del caffé, svalorizzandolo. Il Grand Cru Guanaja è un'alleanza tra la sottile presenza del Cacao Criollo centroamericano e il bouquet aromatico e caldo del Trinitario e Forastero.
Ho voluto dare sapore di Costa Rica alle mie crêpes perchè è stato lì che ho imparato ad apprezzarle. Non è mai stato qualcosa per cui andassi matta né avevo mai avuto la curiosità di prepararle finchè ho incontrato il mio francese preferito, per un fortuito caso della vita, in quell'esuberante paese.
L'aggiunta di noci e nocciole per un contrasto di consistenze e del cacao amaro contrapposto alla dolcezza della mousse e della salsa, completano quello che per noi è stato un dessert indimenticabile.





Crêpes con mousse al cioccolato grand cru su salsa al caffé verde


Ingredienti per 6 persone, due crêpes per persona

Per le crêpes
(ricetta di Giuseppina)
150 gr di farina 0
350 ml di latte
50 ml di acqua
2 uova medie
1/2 cucchiaino di sale
30 gr di burro chiarificato per cuocere

Per la mousse al cioccolato
40 gr di noci tostate e sminuzzate
40 gr di nocciole tostate e sminuzzate
100 gr di cioccolato Grand Cru Valrhona Guanaja 70%
50 gr di burro
5 tuorli di uova pastorizzate
2 albumi di uova pastorizzate
125 gr di zucchero semolato
350 ml di panna fresca
1 foglio di gelatina

Per la salsa al caffé verde 
(ricetta dello chef belga Michel Haquin)
50 gr di caffé verde Grand Cru Tarrazù di Costa Rica
500 ml di latte
4 tuorli
100 gr di zucchero

cacao amaro puro, per la rifinitura


Nota: il cioccolato della foto non corrisponde al Gran Cru Guanaja, utilizzato tutto per la mousse.


Per le crêpes, si sbattono le uova e poi si aggiunge poco a poco e in alternanza la farina setacciata e il latte e acqua, si sbatte bene il composto fino ad avere una pasta liscia. Si aggiunge all'ultimo il sale, si mischia bene e si lascia la pasta riposare per almeno un'ora.
Si fa sciogliere il burro chiarificato e si unge con un pennello una padella ben calda e si versa una piccola quantità di pasta (30-50 ml° a seconda dello spessore desiderato) e si ruota la padella per coprirla uniformemente di pasta. Quando saranno dorate, allora si girano e si fanno cuocere dall'altro lato.


Per la mousse al cioccolato, a bagno maria, si sbatte lo zucchero e tre dei tuorli, fino ad avere un composto lucido, spumoso e brillante. Sempre a bagnomaria, si fa sciogliere il cioccolato insieme al burro e poi si incorporano gli altri due tuorli e il foglio di gelatina, precedentemente fatto ammollare in acqua fredda e ben strizzato. Si procede poi a mischiare le due creme, mentre intanto si fanno montare gli albumi e la panna. Si incorporano albumi e panna montata al resto con delicatezza, con l'aiuto di una spatola, con movimenti avvolgenti dal basso verso l'alto. La mousse si fa rapprendere in frigo per tutta la notte, o per almeno 6-8 ore.

Per la salsa al caffé verde, i chicchi di caffé si mettono a bagno nel latte, si porta sul fuoco fino al primo timido bollore e si lascia in infusione per circa 20 minuti. A parte si lavorano i tuorli con lo zucchero fino ad ottenere una crema e a questa crema si aggiunge il latte bollente insieme ai chicchi di caffé. Si porta tutto il composto su fuoco lento e si mischia sempre, fino a farla addensare. Bisogna ricordare comunque che si tratta di una salsa e di non aspettarsi che addensi come crema, se no, si corre il rischio di rovinare la preparazione. A questo punto si passa la salsa al chinois per filtrarla e la si lascia raffreddare. Quando sarà a temperatura ambiente, si mette in frigo per almeno un'ora.

Avendo tutto pronto, si mette una porzione di mousse al cioccolato su ogni crêpe, e sopra una spolverata del mix di noci e nocciole e si arrotola la crêpe su sè stessa.  Si spolverizzano le crêpes arrotolate con il cacao. Su ogni piatto dove si serviranno le crèpes si versa qualche cucchiaiata della salsa al caffé verde, tra l'indice e il pollice si prende un poco di cacao e lo si fa cadere a pioggia sulla salsa, con cura di formare tanti puntini. con la punta di un coltello, si smuovono i puntini di cacao per creare un disegno disordinato, senza motivo preciso. Con delicatezza si appoggiano le crêpes ripiene sulla salsa e si serve.


Con questa ricetta partecipo al MTC di Marzo 2012


venerdì 16 dicembre 2011

Blanquette de veau à l'ancienne (all'antica)...dalla tradizione francese



Chi mi conosce e mi segue da tempo, sa che mi inclino spesso e volentieri su preparazioni particolari, sull'uso delle spezie e sulla sperimentazione di accostamenti forse un po' bizzarri e lontani comunque dalla nostra tradizione. Ma chi mi conosce sa anche che amo i piatti tradizionali, amo sentire i profumi di buono che portano con sé i ricordi. Adoro l'aroma del soffritto e il suono quasi impercettibile del bollore a fuoco lento, e il borbottio delle pentole, quasi volessero raccontare la loro storia.
Ma se di certo una ricetta inventata o improvvisata la pubblico senza troppe remore, per i piatti tradizionali non agisco con leggerezza. Ho la convinzione che le ricette tradizionali vanno studiate, provate varie volte e che uno studio previo per conoscere qual'è la ricetta originale, va fatto srupolosamente.
Quella che vi propongo oggi è una ricetta dall'aroma e sapore inimitabile, tipica del terroir francese. Sebbene le sue origini geografiche non sono molto chiare (alcuni dicono che provenga dalla Borgogna, altri dicono dalla Normandia), quel che si sa per certo è che la blanquette sia nata come un piatto borghese per eccellenza.
Oggi esistono vari tipi di "blanquettes", di altri carni e persino di pesce, frutto dell'immaginazione e della creatività di chef e cuochi, tuttavia, nelle sue origini il piatto era solo ed esclusivamente a base di carne di vitello e il suo nome deriva dalla bianchezza sia della carne, che della salsa che la bagna. Originalmenten nel XVIII secolo, il piatto si faceva con i resti di arrosto di vitello ed era servito come antipasto, accompagnato da piccole cipolle e champignons e piano piano si trasformò in una vera e propria tradizione culinaria familiare. Infatti, la blanquette non manca mai in nessun libro di cucina familiare francese.
Con il tempo la blanquette è diventata poi un piatto a sè, non più un antipasto, ma piuttosto un secondo o un piatto unico, accompagnato normalmente da riso in bianco, servito ancora nei migliori ristoranti di Parigi.


Blanquette de veau à l'ancienne


Ingredienti per 6-8 persone:

1 kg di spalla di vitello, tagliata a pezzi
2 carote tagliate a pezzi grossi
3 porri (solo la parte bianca)
1 cipolla tritata grossolanamente
3 scalogni
1 spicchio d'aglio
1 costa di sedano
1 limone
400 gr di champignons
4 cucchiai di vino bianco secco
2 cucchiai di farina
60 gr di burro
1 bouquet garni (prezzemolo, timo e alloro)
1 mazzetto di prezzemolo. 




Sbucciare le carote, l'aglio, gli scalogni e la cipolla. Tritare grossolanamente la cipolla e i porri e tagliare gli scalogni in due e le carote in troconi. Portare ad ebollizione due litri d'acqua in una pentola grande e aggiungete la carne durante uno o due minuti, fino a che diventi bianca. Toglietela, sciacquatela sotto l'acqua fredda e buttate l'acqua di cottura. Rimettere la carne nella pentola (pulita) e aggiungere la cipolla, porri, scalogni, aglio, sedano e il bouquet garni. Salare, pepeare e bagnare con il vino. Aggiungere acqua sufficente perchè tutto sia appena sommerso. Coprire e portare ad ebollizione e lasciare cuocere a fuoco basso per un'ora e mezza circa. A parte, bagnare i funghi con il succo del limone e farli cuocere in un padellino con 20 gr di burro per una decina di minuti.
A parte ancora, prepararate un roux chiaro, facendo sciogliere il resto del burro in un pentolino, aggiungere la farina in pioggia, mischiare bene il tutto e lasciar raffreddare. Quando la carne è cotta, mettetela a parte insieme alle verdure, ritirate il bouquet garni, l'aglio, la cipolla e il sedano, (alcuni ritirano anche le carote, per dare ancora più biancore al piatto).
A questo punto, diluite il roux con l'acqua di cottura, riportate la carne e le verdure nella pentola e versate la salsa e aggiungete i funghi. Riscaldate il tutto a fuoco lento ancora per 10-15 minuti per far addensare la salsa. Aggiungere qualche goccia di succo di limone e servire in piatti fondi, spolverati di prezzemolo.

venerdì 20 maggio 2011

L'originale Clafoutis di ciliegie del Limousin



Partendo da Bourges e spingendosi verso il sud, si estende la regione del Limousin, la seconda meno popolata della Francia, dopo la Corsica. Una regione ricca di storia, cultura, di vasti pascoli dove si ammirano le grandi mucche rossastre per la produzione di carne per la quale è famoso questo posto.
Ma non solo.
Qui nasce uno dei dolci più popolari del Paese, la cui fama si è estesa anche fuori i confini: il Clafoutis, la cui origine si perde nel tempo, come se fosse sempre stato li. Il suo nome deriva dalla lingua "occitan", dalla parola clafotis, del ferbo clafir, che vuol dire "riempire" (la pasta di ciliegie). Un'altra corrente invece, indica come origine del nome il verbo dell'antico francese claufir, dal latino "clavo figere" che significa fissare con i chiodi, in relazione alle ciliegie che farebbero da chiodi fissati nella pasta.
Sia qual sia l'origine del nome, tratta di un dolce semplicissimo, fatto preferibilmente con ciliegie nere tipo "bigarreaux" infornate in una pasta che somiglia molto a quella delle crêpes, farina, uova, latte, zucchero...
Per i puristi, la riuscita di un buon clafoutis risiede nel nocciolo, infatti, è consigliato di non snocciolare mai le ciliegie, poichè in questo modo, conserveranno meglio il loro sapore e il loro succo non rovinerà la pasta.
Anche se il termine clafoutis oggi viene usato anche per le declinazioni con altra frutta o persino in versione salata, in origine qualsiasi clafoutis che non contenga ciliegie dovrebbe prendere il nome corretto di "Flongarde". Passata la stagione delle ciliegie, la stessa pasta si usava riempita a sua volta di pere o mele di produzione locale e perdeva dunque il suo nome originale.
Le ricette sono varie, cambiano in dosi e alcuni mettono del burro fuso nella pasta, ma gli ingredienti di base sono sempre gli stessi.
Spero non me ne vogliano i puristi, ma avendo un bambino piccolo, ho optato per snocciolare le ciliegie. Se lo realizzate invece per adulti, consiglio vivamente di non farlo.
Le ciliegie qui in Francia sono straordinariamente buone quest'anno.




Clafoutis di ciliege originale del Limousin

Ingredienti per 6 persone
200 ml di latte
100 gr di zucchero
3 uova
120 gr di farina
30 gr di burro fuso (facoltativo, io non l'ho messo)
500 gr di ciliegie con nocciolo (nere di preferenza, ma non le ho trovate)
zucchero a velo da spolverare



Accendere il forno a 240°C.
Sbattere le uova con lo zucchero e aggiungere la farina. Mischiare bene per evitare la formazione di grumi. Aggiungere il burro (facoltativo). Incorporare poco a poco il latte freddo. Imburrare uno stampo e disporre le ciliegie nello stampo e ricoprire di pasta. Infornare per circa mezz'ora. il clafoutis sarà pronto quando la superficie sarà ben rappresa e ferma.  Spolverare di zucchero a velo. Servire tiepido o freddo.


domenica 8 maggio 2011

Boeuf Bourguignon con crema di patate al chorizo, e la fortuna di essere qui



Era un giornata grigia e piovosa, quel giorno di fine estate al canile di St. Brieuc, in Bretagna.
Cera molta gente. Eravamo in tanti con quella speranza nel cuore di trovare un amico inseparabile e anche loro erano molti, tutti in attesa, alla ricerca di una briciola di amore, o poco più.
E quel calore io sapevo che prima o poi lo averi trovato li, in quel canile a due passi dall'oceano, Atlantico e credo che sia stata la fortuna a portarmici, a guidarmi verso quel posto.
Mi facevano tutti tanta tristezza, guardarli attraverso le sbarre, con quell'espressione triste e la loro sete di amore e dentro di me avrei voluto dare un pizzico di felicità a tutti loro, finchè non arrivò lei.
Dal primo momento in cui la vidi, sapevo che sarebbe stata perfetta per me. Le girai introno, guardandola e lei mi guardava, con quegli occhi scuri, intensi che dicevano "ho bisogno di te" senza bisogno di parole. Nell'istante in cui i nostri sguardi asi sono incrociati capimmo che eravamo fatti per stare insieme, per vivere dei momenti fantastici e per non lasciarci più. Scegliere un amico in un canile è come innamorarsi, ed io quel giorno ho avuto tanta fortuna ad innamorarmi di lei. Dopo un giro al guinzaglio sulla spiaggia eravamo sicuri e ci siamo promessi che non ci saremmo mai abbandonati e che ci saremmo accompagnati per i giorni a venire, fino alla fine.
Ha firmato tutti i documenti, mi ha comprato un collare rosso e un guinzaglio e mi ha portato a casa e anche in vacanza mi ha sempre portato con lei. 
Sono un cane fortunato, tanti come me aspettano il loro turno nel grigiore sconsolato dei canili in tutto il mondo, con la speranza di riempire la vita di qualcuno.
Scusate, mi ero dimenticato di presentarmi, sono Filù, il cane di Ele. Questa ricetta è stato il primo piatto di carne i cui cicciotti grassetti avanzati dal taglio son finiti nel mio pancino. E poi sa di casa, di amore, di coccole e della fortuna di essere qui...




Boeuf Bourguignon

Ingredienti per 6 persone
1,2 kg di polpa di manzo, tagliata in grossi cubi
6 rape novelle piccole o 3 rape normali
1 mazzo di carote novelle o 4 carote grandi
2 cipolle gialle
1 bottiglia di vino di borgogna rosso
3 cucchiai d'olio d'oliva extra vergine
2-3 foglie di alloro
timo
1kg di patate
1 chorizo di circa 150 gr (io dolce, ma voi potete usarlo medio o piccante)
sale
pepe

Il giorno prima, lasciare la carne a marinare nel vino.
Il giorno in cui si va a cucinare, si toglie la carne dal vino (conservando il liquido), si asciuga e si fa dorare per tutti i lati in due cucchiai d'olio caldo e si mette a parte. Si lavano, sbucciano e tagliano a bastoncini le carote e le rape e si tagliano le cipolle a fette.
In una cocotte, si scalda un cucchiaio d'olio e vi si fanno soffriggere le cipolle affettate, si aggiunge la carne e poi il vino e le verdure. Si condisce con sale e pepe e si mettono le erbe. Quando comincia a bollire, bisogna abbassare il fuoco efar cuocere per circa un'ora o finchè la carne sarà ben tenera. Si aggiungono le verdure e si cuoce finchè saranno cotte.
A parte, lessare le patate e schiacciarle con una noce di burro e un pochino di olio d'oliva. Aggiungere del latte caldo (io ad occhio) fino ad ottenere una consistenza cremosa. Togliere la pelle al chorizo e triturarlo nel mixer e incorporarlo al purè. Servire il boeuf bourguignon accompagnato dalla crema di patate.

Note sparse: il boeuf bourguignon è un piatto tradizionale francese della regione della Borgogna. Ci sono tanti modi di prepararlo come case in cui si prepara. Tuttavia,  c'è sempre una maniera più tradizionale di elaborazione, se ci si vuole attaccare all' antico savoir faire
La ricetta qui presentata è un misto delle ricette di due famosi chef Francesi, Cyril Lignac e Françoise Bernard. Nelle due ricette troviamo la similitudine delle verdure usate  (solo rape e carote) e ovviamente del vino. Lignac non mette a marinare la carne ma la bagna dopo averla dorata. Bernard infarina la carne prima di aggiungere la marinatura. Lignac aggiunge rosmarino, Bertrand no. Secondo Lignac, si può mettere qualche cucchiaino di concentrato di pomodoro, in quel senso, ho seguito l'altra ricetta nella quale non se ne parla. 
In quanto alle patate, entrambi coincidono che le patate lessate a parte non si mettono nello stufato ma ne sono il suo accompagnamento, sia in purè che intere. L'idea della crema (o se volete purè) con il chorizo è di Cyril Lignac, a cui do perfettamente ragione: si sposa benissimo con questo piatto di carne.






QUESTA RICETTA HA VINTO IL PREMIO MIGLIOR RICETTA DE

giovedì 6 gennaio 2011

Galette des Rois alla crema frangipane

Anche se sono in giro da Natale e normalmente fino alla fine del mese di gennaio in pasticcerie e supermercati, la tradizione vuole che si mangi oggi, il 6 gennaio, giorno dell'Epifania o, come chiamato in altri paesi, giorno dei Re, in onore ai Re Magi che arrivarono a portare i doni a Gesù bambino.
Quindi oggi, persino nelle mense scolastiche, su ogni tavola sarà posta una Galette des rois, come ogni anno, seguendo una tradizione antichissima.
L tradizione vuole che venga nascosta nella galette una fava (anticamente proprio una fava, oggi un piccolo oggetto di porcellana) e che il più giovane dei commensali si nasconda sotto il tavolo e indichi senza guardare a chi va servita ogni fetta e chi trova la "fava" diventa il re (o regina) della festa. Le galette comprate in pasticceria, hanno persino in corredo la corona per il Re.

Di galette des rois ce ne sono di tanti tipi: dalle più semplici vuote alle più complicate, declinate alla frutta, al cioccolato e note liquorose o esotiche. 
Pierre Hermé quest'anno ne ha lanciata una bellissima, ripiena di una composta di pere e mirtilli e crema di mandorle allo sciroppo di acero, una bellezza dallo scrigno dorato, al modico prezzo di 34 euro per una "enorme" galette di 18 cm di diametro (4 porzioni), ma diciamocelo chiaro: lui, è lui..

In quanto a me, ho deciso finalmente quest'anno di farla in casa. Prima di trovare la ricetta giusta, ne avrò lette almeno una cinquantina e studiato il sapore di varie galette di pasticceria, per arrivare alla mia, ma preferendo rimanere nella più tradizionale di tutte: quella alla crema frangipane, senza declinazioni di nessun genere.
Vivendo nel paese di origine di questo dolce, e avendo un marito francese, è stata per me una grande avventura di volerne confezionare una in casa e che fosse perfetta di sapore e anche esteticamente. Il sapore ha convinto il francese di casa che ha dato un dieci alla mia galette. Sarà l'amore?

vi lascio giudicare:





Ingredienti per una Galette per 8 persone (23 cm diametro)
500 gr di pasta sfoglia (provate a farla voi, vale la pena, se no comprata va bene lo stesso)
3 uova + 1 tuorlo
150 grammi di burro ammorbidito (lasciatelo un paio d'ore fuori dal frigo) 
150 gr di zucchero
150 gr di mandorle polverizzate
1 fava (piccolo oggetto in porcellana)
zucchero a velo

Scaldare il forno a 180°. Dividere la pasta in due parti, stenderla  e ricavarne due cerchi uguali. mettere uno dei cerchi su della carta forno. Sbattere a bene il burro con lo zucchero fino a farli cambiare colore e che diventino spumosi, aggiungere quindi le uova, uno ad uno, senza smettere di rimuovere, aggiungere quindi le mandorle e sbattere per amalgamare bene il tutto. Stendere questa crema nel centro del primo cerchio di pasta, in cerchio dal diametro di 20 cm alto almeno un centimetro e mezzo o due, lasciando dello spazio intorno di almeno 3.5 cm.Mettere la fava nella crema. Coprire con l'altro cerchio e unire bene i due pezzi di sfoglia premendo bene le unioni con le dita e ripiegando poi il bordo verso l'interno, in modo da creare un bordo intorno alla galette. (spero di essermi spiegata!). Praticare con un coltello appuntito, degli intarsi sulla superfice e sul borodo della galette.
Spennellare la galette dappertutto con il  tuorlo sbattuto e infornatela una quarantina di minuti, o fino a che sia ben dorata uniformemente. A fine cottura, spolverizzare la galette di zucchero a velo e passarla 1 o 2 minuti sotto il grill del forno. Toglietela dal forno e lasciatela intiepidire.





Tiepida è più buona che fredda.
Lo so, non è di certo quella di Pierre Hermé, io ne riuscirò a fare una come quella quando i maiali avranno le ali!!!

ouuupsss...

La fava. la statuina in porcellana aveva l'altezza di circa un Cm.

martedì 16 novembre 2010

Dalla Francia, con sapore


La Francia ha presentato un dossier  all’Unesco per chiedere che la gastronomia francese  possa essere dichiarata parte del patrimonio culturale immateriale dell’umanità.
Una commissione intergovernamentale  dell’organizzazione si riunisce questa settimana a Nairobi, Kenia per decidere.
Il dossier francese, depositato a gennaio, riguarda in particolare il “pasto gastronomico” dei francesi, cioè la pratica sociale che rappresenta la sua preparazione e i suoi rituali.
La risposta l’avremo giovedì, io intanto, vi propongo un dessert, forse il più comune e banale, quello che si trova in tutte le “boulangeries” (panetterie) nelle sfumature e versioni più diverse.




Flan vaniglia e limone

Ingredienti
350 ml di latte
4 uova
1 limone
100 gr di zucchero
75 gr di farina
1 stecca di vaniglia
burro per lo stampo.

Scaldate il forno a 200°. Lavate bene il limone e sbucciatelo accuratamente.
In una casseruola, mettere il latte, la buccia del limone e la stecca di vaniglia e portare ad ebollizione, coprire e lasciar riposare una decina di minuti fuori dal calore.
Sbattere a lungo le uova con lo zucchero finchè il composto non diventi spumoso, incorporare allora la farina e versare il latte profumato in un filo, poco a poco, senza smettere di sbattere.
Imburrare uno stampo e versateci la preparazione. Infornare per circa 40 minuti. Lasciar raffreddare completamente prima di sformare e mettere in frigo minimo per un’ora e servirlo freddo.