lunedì 23 novembre 2015

Kreplach al brodo di gallina ristretto


               



In principio, ci fu il krepish. Era un pezzetto di carne avvolto in una pasta di acqua e farina e poi fritto, in voga nel XII secolo nella popolazione ebraica dell'est europeo.
Verso il XVI secolo, gli ebrei dell'est cominciarono a produrre la pasta ripiena, non si sa bene se come risultato dell'incursione Tartara dall'Asia o prodotto della contaminazione italiana, o da entrambe le cose. Fatto sta che il nuovo prodotto rappresentò una grande innovazione poichè era molto più economico bollire il cibo in acqua, che friggerlo nel grasso.
In Polonia le paste ripiene le chiamarono pierogi, In Ukraina, varenikes, ma il nome predominante per gli askenaziti orientali fu krepl, o kreplekh, al plurale. 
In origine, i kreplach erano ripieni di carne cotta, rappresentavano il tipico piatto di riciclo di avanzi di un popolo povero, marcato dalla fame e dalle espulsioni. Durante i periodi di scarsità di carne, i ripieni di frutta secca, e di formaggio cremoso divennero popolari, così come i ripieni di cavolo e kasha (grano saraceno spezzato, cotto nel grasso d'oca) e nella metà del IXX secolo si adottò il ripieno di patate, anche se quello di carne rimase per sempre il più popolare.
I kreplach di carne sono consumati sempre in brodo di pollo, mentre quelli di patate o formaggio sono bagnati di panna acida o fritti e serviti con cipolla soffritta.
Dalla loro apparizione, i kreplach divennero uno dei piatti più amati dagli askenazim e parte integrale della cultura ebraica. Un detto popolare yiddish recita "Kreplach esn vert oykh nimes" che tradotto alla buona significherebbe "non ci si stanca mai di mangiare kreplach".
Tuttavia, essendo un piatto lungo da fare che richiedava tempo e la carne per il ripieno era molto spesso rara e cara, sono da sempre stati riservati alle grandi occasioni e a feste specifiche come la vigilia di Yom Kippur, Hoshanah Rabbah, Purim e Shavuot.
 Molti saggi e interpreti del misticismo ebraico hanno dato significati simbolici al fatto che i kreplach siano consumati in determinate feste, ma in realtà queste spiegazioni sono sorte per dare a quest'abitudine un significato più profondo e una certa solennità.
Non c'è niente di religioso nel mangiare i kreplach, sono semplicemente il cibo dei nostri nonni e, per molti ebrei, il cibo dei nonni è religione in sé.

E infatti non è stato facile per me arrivare a questo piatto.
Giorni di ricerca, di studio, di pensieri e di appunti. Giorni di idee che cambiavano e si scambiavano tra di loro. E la paura di sbagliare. Non nei confronti della sfida lanciata da Monica, ma in quelli di una tradizione a cui sono legata e che mi impegno a far conoscere e rispettare. La cucina askenazita è poco conosciuta e poco apprezzata, in confronto a quella dei sefardim e gli italkim e attraverso questo blog ho cercato spesso di diffonderla e darle la dignità che merita.
E non è un segreto che, quando si parla di cucina genovese, la mia mente richiami quella askenazita, delle loro somiglianze ne avevo parlato nel post della sfida sulla torta Pasqualina.
Se mi dite pasta ripiena, la mia mente corre subito verso pierogi e kreplach.
Il problema l'ho incontrato per il sugo a cottura lenta. Nella tradizione, le paste ripiene sono servite sempre e unicamente in brodo o al massimo fritte in grasso d'oca e il pomodoro è completamente assente dalla nostra cucina, tanto da essere soprannominato treyfene epl (mela non kosher). Il popolo askenazita ha infatti cominciato ad apprezzare il pomodoro solo dopo l'emigrazione massiva negli Stati Uniti e in Israele.
Come risolvere quindi, senza che gli avi me ne vogliano? Ogni idea che sfiorava la mia mente avrebbe deturpato il senso tipico della ricetta originale. Ogni sugo o salsa che riempiva il taccuino di appunti di cucina mi sembrava al momento una buona idea e in un secondo tempo un "insulto" alle origini, al chi sono e da dove vengo.
L'idea è arrivata dal diario di Sarah. La poule au pot à la juive (gallina in pentola all'ebraica, letteralmente) e i kreplach ripieni del petto della gallina. Tutto servito in brodo, nella sua ricetta, per la cena della vigilia di Kippur. Era il Kippur 1972.
Ho pensato che se invece di servirli IN brodo, li condissi AL brodo, sarei rimasta fedele in parte a questa cucina che cerco di tramandare e valorizzare e a lei, che mi parla dalle sue pagine di memorie come se fossero state scritte per me.
Non è propriamente un sugo, probabilmente sono fuori concorso, ma se di piatto di festa e di pasta ripiena dettata dalla tradizione si tratta, ecco i miei kreplach, al brodo di gallina ristretto.





Kreplach al brodo di gallina ristretto



Per la poule au pot à la juive
(dal diario di Sarah Hillman)

1 gallina, sventrata e pulita
2 rape
1 grossa cipolla
3 carote
la metà di un cavolo cappuccio
qualche granello di pepe nero
3 chiodi di garofano
2 porri, solo la parte bianca
timo, prezzemolo e alloro freschi


Per il ripieno dei kreplach

Il petto della gallina cotta
un cucchiaino di schmaltz (grasso d'oca)
1 cipolla
1 patata bollita tagliata a cubetti
sale e pepe 


per la pasta dei kreplach

2 uova
2 cucchiai d'olio
200 g di farina
1 pizzico di sale

per il condimento dei kreplach

1 litro di brodo di gallina
1 noce di schmaltz
sale 




In una pentola capiente, coprire d'acqua la gallina, aggiungere il pepe e la cipolla con i chiodi di garofano inseriti dentro e mettere sul fuoco moderato. Togliere la schiuma che si formerà in superficie. Intanto, lavare e pelare le verdure, tagliarle in pezzi grossi e aggiungerle insieme alle erbe aromatiche. Coprire e cuocere per circa due ore e mezza, o fino a che la carne della gallina sia così tenera da staccarsi da sola dalle ossa. Di tanto in tanto, eliminare la schiuma che si forma in superficie durante la cottura. Filtrare il brodo al chinois e refrigerarlo. Refrigerare anche la gallina e le verdure a parte fino alla sua utilizzazione. Io ho fatto la poule au pot un giorno e il resto il giorno dopo.
La mancanza di sale è voluta, dovuta allo scopo finale del brodo che verrà ristretto per condire i kreplach. Se la vostra intenzione è di cucinare solo la poule au pot, o di fare il kreplach in brodo come tradizione vuole, allora sarà necessario salare il brodo al momento di aggiungere le verdure.

Per la pasta, disporre la farina a fontana e nel mezzo collocare le uova, l'olio e il sale. Impastare prima con l'aiuto di una forchetta per fare assorbire gli elementi umidi dalla farina e poi a mano. Lasciar riposare la pasta almeno un'ora prima dell'uso.

Per il ripieno, dissossare il petto della gallina sfilacciandolo in pezzi piccoli o medi. In una padella, fondere lo schmaltz e soffriggere la cipolla fino a farla diventare trasparente, aggiungere il petto di pollo e la patata, aggiungere sale e pepe e cuocere qualche minuto per fare insaporire. Lasciare intiepidire e passare il tutto al tritacarne.
Io ho tritato tutto molto finemente al coltello, perché non c'era luce in quel momento (cose che succedono in India) e il tritacarne che ho è quello del Kenwood. Più lungo come metodo, ma il risultato finale non ne ha risentito.

Stendere la pasta "sottile ma non troppo". Tagliare la sfoglia in quadrati da 7 cm di diametro. Nel centro di ogni quadrato, mettere un cucchiaino abbondante di ripieno e ripiegare la pasta in triangolo, premendo sui lati per chiudere bene.

In una pentola stretta e dai bordi alti (tipo bolli latte) mettere il brodo e a fuoco medio fatelo evaporare fino ad ottenerne più o meno una quantità pari ad un bicchiere.
Cuocere i kreplach in abbondante acqua salata fino a metà cottura.
In una padella versate il brodo ristretto e lo schmaltz, aggiustate di sale e scaldare fino alla completa fusione del grasso d'oca. Gettare i kreplach in questo fondo. Far assorbire il condimento fino a cottura ultimata e spegnere il fuoco.
Servire subito



Conservare le verdure del brodo e il resto della carne di gallina per altri usi. Il resto della carne di gallina si può usare per più kreplach e le verdure e il brodo per un passato o una minestra, per esempio.
I kreplach crudi o a metà cottura si possono congelare. Disporli prima orizzontalmente su un vassoio in congelatore e poi una volta congelati in buste da congelazione.





Con questa ricetta partecipo al MTC #52, I raieu co-o tocco di Monica 
(probabilmente fuori concorso)


14 commenti:

  1. quante cose si imparano leggendo i tuoi post!!
    non so se sei in gara, spero proprio di sì perchè meritano il podio

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  2. I tuoi post sono sempre un viaggio interessantissimo nel cuore di una cultura che, come sai, mi affascina tanto. L'MTC si conferma sempre di più non solo una scuola di cucina, ma anche una finestra sulle tradizioni dei partecipanti. In questi kreplach ci sono le tue radici ed il tuo bisogno di radici e questo li rende assolutamente speciali.

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  3. Mi hai aperto un mondo non sapevo assolutamente nulla! !!

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  4. ...e quindi lo hai ritrovato il diario di Sarah.... ne sono felicissima!!! e immagino la bontà della ricetta

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  5. Non conosco la cucina genovese, ma conosco bene la yiddish. E non importa se sei o non sei in concorso, io credo che tu hai creato una meraviglia. Da quando ho il piacere di conoscerti ti ho detto che di Sarah non hai ereditato che un diario, di lei hai il sorriso, l'abilità di giocare con il cibo e l'intelligenza per risolvere problemi quotidiani. Credo che quelle memorie che usi per tramandare la nostra cucina sono state scritte veramente per te e che, te lo domandi spesso, sia lei che Robert oggi sarebbero orgogliosi della donna che sei. Robert ti diceva spesso di non smettere mai di scrivere, io adesso vorrei dirti la stessa cosa ma anche di non fermarti e di usare di più queste pagine virtuali per valorizzare e far conoscere questa nostra cucina dimenticata e ormai poco apprezzata. Non fermarti. Continua.
    Grazie di avermi coinvolto e delle discussioni che hanno dato origine a questo piatto. Il risultato mi ha sorpreso, non mi aspettavo una cosa così. Non hai concentrato che un brodo, ma le origini e radici.
    chappeau ma chèrie.
    Mich

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  6. Non smettere di scrivere, e non smettere mai di cucinare e di tramandare! Che sia in concorso o meno, il tuo piatto è speciale e pieno di emozioni.

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  7. Non conoscevo affatto questi kreplach, interessante ricetta e grazie di aver regalato un pezzo di te e della tua storia

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  8. Non ho conosciuto Sarah, ho conosciuto Robert solo virtualmente... ma conosco te. Ti conosco attraverso i tuoi meravigliosi racconti, ti ho abbracciata anche nella realtà, ti continuo a conoscere attraverso il tuo blog e le tue foto...
    E non posso fare altro che volerti bene e unirmi al commento di Michael qui sopra. Sei una donna, una mamma e una cuoca straordinaria e sia Robert che Sarah sarebbero orgogliosi di te... non smettere mai di raccontarti attraverso le tue ricette e le tue radici!

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  9. intanto penso "fiuuu, l'ha ritrovato poi il diario" e sono felice. Immergermi nei tuoi post ha sempre un che di balsamico. Un abbraccio per te e tanti complimenti per la tua proposta.

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  10. Un colpo dritto al cuore. Bellissima introduzione, ricetta strepitosa...ma da te non è che ci si possa attendere nulla di meno....:)

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  11. Ognuno di noi almeno una volta ha definito l'MTC una scuola di cucina ed è vero, ma in questo momento aggiungerei anche di vita. Ho letto con molto interesse anche il tuo post della sfida della torta pasqualina (altra nostra ricetta tipica) e questo mi ha permesso di avvicinarmi almeno un pochino ad una realtà che conosco molto poco, poco importa che poi ai fini della sfida la tua ricetta sia molto al limite del lecito, la tua proposta è davvero molto interessante, ben costruita e con sapori ben armonizzati.

    Un abbraccio
    monica

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  12. Bellissimo post, poi amo questi involucri ripieni diffusi ovunque, Kreplach esn vert oykh nimes... ben detto! Sono d'accordo con la tradizione: le paste ripiene andrebbero servite in brodo... ma da dove venivano le patate nel IX secolo?
    La storia della poule à la juive è emozionante, ho trovato molto elegante la tua soluzione al consommé condensato e mi ha fatto venire in mente che la mia nonna, piemontese, faceva anche lei dei ravioli esclusivamente di carne cotta.
    O.T.: quando sono andata a comprare il coriandolo fresco per le tue magnifiche melanzane il venditore del mercato, del subcontinente indiano, ne aveva una pila su una cassetta. Mi ha chiesto quanto ne volessi e quando ho detto un mazzetto mi ha guardata con l'aria di dire "Che poveretta!" e me l'ha infilato gratis nelle buste, come faremmo noi se qualcuno chiedesse un chicco d'uva!

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    1. :) era IXX mi ero persa una X per strada, grazie di avermelo fatto notare.
      Posso immaginare la scena del venditore indiano...ahahah qui si vende letteralemnte a fasci. :)))
      Grazie del tuo passaggio di qui, i tuoi commenti fanno sempre piacere.
      a presto.

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