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martedì 25 novembre 2014

Muffins da Mille e una Notte: allo zafferano e pistacchio, con streusel di ceci profumato alla rosa






Ho sempre immaginato Sherazad con dei lunghi e brillanti capelli neri, coperti da veli di seta ricamati da pietre preziose, seduta su una poltrona d'oro e velluto rosso che raccontava le sue fiabe al re suo marito. Il Re aveva ucciso tutte le sue mogli e lei decise di narrargli un racconto ogni notte per scampare a quel destino e alla fine lui si innamora di lei attraverso quelle storie e le concede la grazia.
Raccontare per vivere è un po' la mia storia o piuttosto scrivere per sopravvivere.
Mentre Sherazad favoleggiava ad alta voce, io l'ho fatto da tempi remoti nel silenzio di una pagina bianca e di un flusso di inchiostro sempre nero.  Mettere nero su bianco versi e storie vere o inventate mi ha mantenuta viva fino ad oggi durante ogni periodo della mia vita, sia roseo o grigio.
Probabilmente è per questo che ho amato da sempre il personaggio di Sherazad, perchè mi ci sono sentita identificata sin dalla prima lettura, nel suo inventare racconti con la speranza di sopravvivere.

Per questi muffins ho cercato di ricreare i sapori della Persia di quel tempo: il profumo dello zafferano, il sapore dei pistacchi e il crumble di ceci che profuma di rose, senza tralasciare significati simbolici come l'oro scuro dello zucchero grezzo, il rosso amore dei pistilli di zafferano e il verde dei pistacchi, verde speranza di non morire.



Muffins da Mille e una Notte



Ingredienti per 12 muffins medi

2 uova
100 g di zucchero grezzo di canna
115 g di burro fuso
200 ml di lben (latte acido)*
50 ml di latte
10 pistilli di zafferano
350 g di farina
7 g di lievito per dolci
1/2 cucchiaino di bicarbonato
1/2 cucchiaino di sale
80 g di pistacchi tritati grossolanamente

per lo streusel di ceci:
50 g di zucchero grezzo di canna
25 g di zucchero semolato
30 g di burro
70 g di farina di ceci
1 g di cardamomo
1 g di zenzero in polvere
2 g di cannella in polvere
2 g di petali di rosa di Damasco, secchi






*Il latte acido si può fare con del latte fresco intero a temperatura ambiente nel quale si mettono qualche goccia di succo di limone o aceto e lo si lascia riposare qualche ora in modo da farlo cagliare.

Scaldare i 50 ml di latte fino a quasi ebollizione, spegnere il fuoco e lasciarci i pistilli di zafferano in infusione per un paio d'ore.
Preparare tutti gli ingredienti a temperatura ambiente, pesati e pronti all'uso, la farina setacciata con il bicarbonato, lievito e sale. 
Scaldare il forno a 190°C.
Sbattere le uova con lo zucchero, aggiungere il burro fuso intiepidito e i due latti.
A parte, aggiungere i pistacchi alla farina, in modo da infarinarli bene. Fare un buco nella farina e aggiungere gli ingredienti liquidi, mescolare con un cucchiao una decina di volte, non di più, appena per amalgamare gli ingredienti. L'impasto deve rimanere grumoso.
Per lo streusel, passare tutte le spezie nel macina caffé per ottenere una polvere fina che poi va setacciata; amalgamare dunque con la punta delle dita tutti gli ingredienti fino ad amalgamarli.
Riempire i pirottini disposti negli appositi stampi fino a 3/4, con l'aiuto di un cucchiaio. Distribuire lo streusel sui 12 muffins. Infornare, abbassando la temperatura del forno a 180° per circa un quarto d'ora o fino a che uno stecchino inserto nel centro dei muffin ne esca pulito, ma umido. Lasciar riposare i muffins fino a raffreddamento.



Con questa ricetta partecipo al MTC di Novembre 2014, I Muffins di Francesca



venerdì 23 novembre 2012

Il supplì(zio) delle arancine palermitane



Sono qui perchè lo dovevo a Roberta. Di certo non potevo mancare alla ricetta del "mio" vincitore. Ma mai, e davvero credo mai, avevo penato tanto per una ricetta del MTC. Ed è una ricetta semplice a dirla tutta...semplice! Certo, se non abiti in Marocco.
E quindi come dicevo sono qui perchùe lo dovevo a Roberta ma anche perche, lo ammetto, non riesco a mancare a un MTC, malgrado tutte le avversità incontrate sul cammino di queste arancine.
Un vero supplì(zio). E come minimo, mi merito un premio della Ale! Ecco, l'ho detto. :)
Cominciamo dal fatto che si sa, la ricetta di base dev'essere fatta fedelmente a quella proposta e già li, ho sentito puzza...no, non di fritto, ma di fiasco. 
Dove vado a pescare il riso originario? E, vi sembrerà strano, sarò tanto fortunata da trovare il sedano da qualche parte? Eh sì, cari lettori, quel che a alcuni può sembrare banale e scontato come trovare delle belle coste di sedano al super, per altri può diventare una vera caccia al tesoro. Qui a meknés il sedano lo trovo solo al mercato, qualche martedì, non sempre, su un solo bancone tra i centinaia che esistono. Pensate che neanche il Carrefour ne é provvisto. Mal che vada, ho pensato, uso quello in polvere che ho comprato in Francia nell'ultimo viaggio.
La fortuna mi ha assistito con il sedano, certo, non coste di sedano, sia ben chiaro, ma un fascio di rametti teneri teneri che hanno comunque fatto il loro dovere per il brodo. Pare che qui, a contrario che da noi, si usino le foglie e non i gambi belli carnosi. E così avevo superato il primo ostacolo, ma non quello più importante: il riso.
Fiondarsi su internet per cercare come è fatto il riso originario. Oh, sembra quello che qui chiamano riso tondo ma anche quello a chicco corto...e vai con la prima prova, con i due tipi di riso. Niente da fare, nessuno dei due funziona, non rilasciano amido, non riesco neanche a formare le arancine vuote, si spaccano e cadono giù, chicco per chicco. Mangeremo riso allo zafferano ben condito, ma non le arancine. Poco male.
Non mi arrendo, decido di riprovare ancora una volta, e dopo aver chiesto nel gruppo del MTC su facebook di mostrarmi una foto del famoso riso, riparto al supermercato qualche giorno dopo il primo fiasco.
A parte basmati, thai e cambogiano, nessun altro riso porta il nome della qualità, qui il riso viene venduto con il nome della forma o del colore: riso a chicco lungo, riso a chicco corto, riso tondo, riso a chicco lungo che non scuoce, riso a chicco corto a cottura rapida, riso giallo (che poi è il parboiled), eccetera eccetera. In un altro supermercato, dove vado raramente perchè bisogna attraversare tutta la città, so che vendono l' "arroz bomba", quello spagnolo, che si usa per la Paella. La forma del chicco è praticamente identica a quella mostratami da Fabiola su facebook. Ne compro un pacchetto da un kilo e procedo di nuovo. Ho ancora del sedano in frigo, per fortuna! Sembrava andasse bene, anche subito dopo la cottura sembrava che avesse tirato fuori l'amido necessario, o almeno, più degli altri due della prima prova. Son riuscita persino a formare le palle di riso, vuote, con fatica, ma era già un gran passo avanti. Il problema è stato quando ho cominciato a cercare di fare il buco per riempirle, si disfacevano tutte, cadendo i chicchi dappertutto. Ho potuto mettere davvero pochissimo ripieno dentro per poter formare delle arancine che dall'esterno sembrassero tali. In effetti, le mie arancine hanno l'aspetto di quelle vere, ma come vedete dalla seconda foto, sono quasi vuote, se le riempivo di più, si desintegravano tra le mie mani. Ho preferito quindi la magra figura, che l'assenza al MTC. Però...come si nota dalla terza foto, erano buone, buonissime!
In riassunto, correvo il rischio di non avere il sedano, non ho trovato un riso adatto, in compenso ho uno degli zafferani più intensamente profumati e aromatici del mondo, lo zafferano di Taliouine, coltivato in Marocco nella regione di Souss-Massa-Drâa, sull''Alto Atlante.
Un'altra cosa, ho fatto la versione originale al ragù perchè non avendole mai fatte volevo cominciare dalla ricetta di base classica per poi lasciarmi andare con la fantasia, se fossero venute come avrebbero dovuto. Tuttavia, la ricetta di base di Roberta ha sofferto dei cambiamenti nella mia cucina per renderla conforme alla Kasherut, quindi via il trito di maiale dal ragù e via la mantecatura con burro e parmigiano dal riso. Sono sicura tuttavia che la mantecatura una volta il riso freddo, avrebbe aiutato a "incollare" il riso, dovrei riprovare, mantecando il riso come da ricetta, con un ripieno senza carne, insomma, ho preso le decisioni sbagliate, oltre al riso sbagliato. 
Gaetano Basile nel suo libro Cucina di Sicilia, tra Storia e Legenda, dice che probabilmente il risotto alla milanese sia nato da un'arancina mal riuscita con un riso che non rilascò amido a sufficienza. Del resto gli ingredienti, volendo, ci sono tutti: riso, brodo, zafferano...  Invece direi che ho dato vita a delle buone e profumate pseudo arancine e basta.
Al prossimo viaggio in Italia, cercherò il riso originario e mi rifarò, magari per una delle nuove rubriche del nuovo fantastico blog del Emmetichallenge.
Ma le 24 simil arancine mangiate in 5 son finite a pranzo.
E malgrado il fiasco, non c'è miglior soddisfazione.







Arancine palermitane classiche al ragù
(o almeno, quel che sarebbero dovute essere) 

La ricetta di Roberta, adattata alle norme della Kasherut

Per circa 24 arancine:

per il riso:
1kg di riso originario "arroz bomba" per paella
2,5 lt circa di brodo vegetale (carota, cipolla e sedano)
un pizzico di pistilli di zafferano
50 gr di burro
50 gr di parmigiano grattugiato
una cipolla media
olio extra vergine d'oliva
sale

per il ripieno al ragù e piselli:
100 200 gr di macinato di manzo
100 gr di macinato di maiale
100 gr di piselli surgelati
180 gr di polpa di pomodoro
un cucchiaio di concentrato di pomodoro sciolto in tre dita d'acqua
una cipolla
una carota
un gambetto di sedano
una foglia d'alloro
1/2 bicchiere di vino bianco per sfumare
olio extra vergine d'oliva
sale

per la lega:
800 ml di acqua
400 gr di farina
una manciata scarsa di sale

per la panatura:
600 gr di pangrattato

olio d'oliva vergine per friggere

Per farli mi sono organizzata su due giorni. La mattina del primo giorno ho preparato il brodo facendo cuocere gli ingredienti per un'oretta, filtrando e mettendo poi lo zafferano in infusione quando era ancora caldo.  Il pomeriggio ho preparato il riso, facendo soffriggere prima la cipolla nell'olio e poi procedendo come per un risotto. 
Lo stesso giorno ho preparato anche il ragù per il ripieno, fatto soffriggere cipolla, sedano e carota tritati finemente nell'olio e poi ho aggiunto la carne per farla rosolare, ho poi sfumato con il vino e quando il liquido è evaporato la metà, ho aggiunto il pomodoro e la foglia di alloro e ho fatto cuocere per una mezz'ora. I piselli li avevo cotti a parte, con un poco di cipolla, olio evo e li ho mischiati alla fine al ragù. Ho lasciato tutto raffreddare e poi messo in frigo fino all'indomani.
Il giorno dopo, ho preparato la lega mischiando bene l'acqua, la farina e il sale e in un altro piatto grande ho preparato il pane grattato. Avendo tutto pronto, ho cominciato a formare le arancine, facendo delle palle di riso della grandezza di un'arancia. Prendendo ogni palla in una mano, con l'altra si pratica un buco con il pollice e si va allargando per poter inserire il ripieno e chiudere ripiegando il riso e spingendo il ripieno. Per il procedimento passo a passo vi rimando da Roberta.
Una volta formate le arancine ripiene, si passano prima tutte nella lega e poi nel pan grattato. In una pentola dai bordi alti, si scalda l'olio abbondante a 180° e si friggono le arancine, poche per volta, in modo che siano completamente immerse nell'olio, fino a che siano belle dorate e croccanti.
Per evitare gli spruzzi d'olio durante la frittura, aggiungere una manciatina di sale grosso alla pentola. Per l'odore di fritto, l'aggiunta di un pezzo di mela all'olio di frittura cambierà tutto.
Mangiare subito!!!











venerdì 9 marzo 2012

Risotto allo zafferano, con foie gras in riduzione di balsamico



Pensate che lo zafferano in un principio si usava come colore per dipingere. Molti affreschi e vetrate del Duomo di Milano, sono stati dipinti usando questo prezioso ingrediente. Racconta la leggenda che il risotto alla milanese sia nato dall'osservazione di un mastro vetraio che mentre mischiava i suoi colori, sembra che abbia pensato che forse, lo si sarebbe potuto usare anche in cucina.
Ovviamente non si sa se questa storia sia vera, la realtà è che il risotto allo zafferano appare per la prima volta documentata come piatto servito al matrimonio della figlia del Maestro Valery de Flandes e poi si è diffuso in tutto il nord Italia, soprattutto a Milano. Complice è anche il clima umido e di precipitazioni abbondanti della zona del Nord Italia, che favorisce le coltivazioni di riso.
Un piatto antico, dunque, un piatto di artisti che ho voluto declinare rendendolo più ricco ed elegante. Un contrasto di sapori e colori che conquista al primo sguardo e al primo assaggio.



Risotto allo zafferano con foie gras in riduzione di balsamico

Ingredienti per 4 persone:

250 gr di riso carnaroli
200 gr di foie gras
qualche pistillo di zafferano
1 cipolla piccola
1 bicchiere di vino bianco secco
200 ml, circa, di brodo di carne
70 gr di burro
Qualche cucchiaio di aceto balsamico di Modena
rosmarino
sale
pepe nero macinato al momento




Mettere i pistilli di zafferano in un poco di acqua fredda per 4-5 ore, finchè i pistilli non diventino di un bel rosso vivo*. Scaldare 20 gr di burro e far rosolare la cipolla tritata fina fino a che diventi dorata, aggiungere quindio il riso e farlo ben impregnare, fino a che diventi traslucido. Sfumare con il vino bianco e quando si sarà evaporato, cominciare ad aggiungere il brodo fino a coprirlo e man mano che il riso assorba il brodo, aggiungerne ancora. A metà cottura, aggiungere lo zafferano con l'acqua in cui era stato a bagno. Se fosse necessario, aggiugere altro brodo, fino alla cottura del risotto. Salare e pepare, se necessario.
Far fondere il burro restante in una padella e friggere il foie gras tagliato a cubetti, una volta cotto, toglierli dalla padella e metterli da parte in caldo. Versare quindi l'aceto balsamico e il rosmarino, ad occhio ne avrò messi tre cucchiai, più o meno, sglassare la padella e farlo ridurre a meno della metà. Rimettere il foie gras nella padella per farlo impregnare della riduzione.
Servire il risotto sormontato di dadi di foie gras.

*Nota: lo zafferano di buona qualità non tinge subito l'acqua, se lo fa, probabilmente è stato tinto e non è un buon prodotto. Lo zafferano di ottima qualità darà colore all'acqua fredda molto lentamente, per quello i tempi lunghi consigliati.


con questa ricetta partecipo al contest di Risate e Risotti



venerdì 25 novembre 2011

Hout za'fran bil marak matisha, polpette di pesce allo zafferano, dalla cucina ebraica Marocchina



Questa che vi presento oggi, è una ricetta tradizionale della cucina ebraica marocchina.
Furono infatti gli ebrei in fuga dalla Spagna verso il 1492, a introdurre la coltivazione del croco da zafferano in Marocco, il quale diviene poi un ingrediente imprescindibile anche del coucous in tutto il Magreb. Non c'è da meravigliarsi quindi se uno dei cognomi ebraici marocchini più correnti sia Zafrani, ovvero, coltivatore di zafferano, le cui piantagioni si stendono nell'Anti Atlas, in prossimità del deserto, soprattutto sul Siroua.
Il Siroua è un sistema montagnoso volcanico, la cui cima più elevata è di 3.300 metri. La poca e rara pioggia è completata da torrenti che permettono la coltivazione del grano, dell'orzo, mandorli e dello zafferano, la spezia più cara al mondo, la cui introduzione ha assicurato la prosperità a questa regione.
In questa ricetta lo zafferano si unisce a spezie di tipico uso marocchino, creando un nuovo piatto di fusione di due popoli, nell'unico paese musulmano al mondo, dove ebrei e musulmani convivono, lavorano e coesistono in pace.




Polpette di pesce allo zafferano
(Hout za'fran bil marak matisha)

Ingredienti per 6 persone:

800 gr di pesce di carni bianche (ho usato il merluzzo)
1 uovo
1 cipolla tritata
prezzemolo tritato
coriandolo fresco tritato
60 gr di pane grattato (o a occhio, dipende dal pesce)
1 pizzico di pistillli di zafferano
sale
pepe nero
500 gr di pomodori
1 cipolla grattuggiata
2 cucchiai d'olio d'oliva extra vergine
2 spicchi d'aglio finemente tritati
1 cucchiaino di paprika
1/2 cucchiaino di harissa* o peperoncino
1 cucchiaino di cumino in polevere
1 cucchiaino di zucchero
sale e pepe nero

*L'harissa è una pasta di peperoncino d'origine Tunisina e diffusa in tutto il Magreb, condita con erbe come coriandolo e menta e spezie varie, tra cui cumino e carvi.




Tagliare i filetti di merluzzo a pezzetti e metterli nel mixer con l'uovo, la cipolla, il prezzemolo, il coriandolo, il pane grattato, sale e pepe. Mettete a bagno lo zafferano in un cucchiaio di acqua calda durante 20 minuti e aggiungetelo nel mixer con tutto il liquido e azionate il mixer, in modo da ottenere un macinato uniforme con il quale formerete le polpette. È bene strizzare un poco il pesce per eliminare l'eccesso di acqua.
Tagliare i pomodori e privarli dei semi e poi grattuggiarli fino ad arivare alla buccia, che si scarterà. Questo è il metodo che tutte le cuoche Marocchine usano per fare le salse.
In una pentola, soffrigere la cipolla nell'olio fino a farla cristallizzare e aggiungere quindi l'aglio, la paprika, l'harissa e il cumino, mischiare il tutto per qualche secondo e poi aggiungere i pomodori, lo zucchero e un bicchiere d'acqua. Portare ad ebollizione e poi abbassare il fuoco e far cuocere 15 minuti, circa.
Mettere le polpette nella salsa cercando di farle rotolare delicatamente nella salsa, giusto muovendo un poco il manico della pentola o piano piano con un cucchiaio di legno . Riportare ad ebollizione e riabbassare poi il fuoco e far cuocere dolcemente per altri 20 minuti.
 


Questa è la mia seconda versione del baccalà alla livornese 


mercoledì 5 ottobre 2011

Petits pots de crème allo zenzero e zafferano, una casuale metafora della famiglia




ZzZ.
Zenzero, zucchero, zafferano. Un trinomio che mi è balzato in testa un pomeriggio caldo, calmo e tanquillo, probabilmente per la voglia di qualcosa di saporito, cremoso ma leggero.
Un semplice esperimento di cucina dove del resto non ho inventato nulla. Son partita dalla base dei petits pots à la crème, classico dessert della cucina fancese e ho semplicemente sostituito la vaniglia per renderlo più speziato e differente.
È stato mangiandolo ore dopo, che la metafora con la mia famiglia è venuta in mente.


Le uova sono io, ciò che con coraggio e fermezza mantiene il tutto unito, anche se deve passare per fiamme ardenti per poterlo fare.

Pablo è il latte, neutro e puro. Calmo, assorbe tutto ciò che entra a contatto con lui. Ma non fatelo bollire, potreste avere delle sorprese.

Mattia è lo zenzero. Deciso, piccante, forte, a volte amaro. Capace di rendere gradevole o sgradevole un qualcosa, a seconda del dosaggio, ma sempre di carattere tenace ma allo stesso tempo piacevolmente rinfrescante.

Lorenzo è lo zucchero, che con il suo arrivo ha addolcito persino lo zenzero nel periodo più fortemente amaro e che con la sua dolcezza riempie il nostro mondo, creando equilibrio.

Frédéric è lo zafferano, il nostro raggio di sole, che bagna di luce d'oro la nostra vita.




Petits pots à la crème con zenzero e zafferano


Ingredienti per 6 petits pots

5 tuorli
100 gr di zucchero
500 ml di latte
un pizzico di zafferano di ottima qualità
un cucchiaino di zenzero in polvere




Sbattere a lungo i tuorli con lo zucchero fino ad avere un composto chiaro e rigonfio. Scaldare il latte con le spezie e al primo bollore spegnere il fuoco e lasciar coperto almeno per mezz'ora. Lasciare intiepidire.
Versare in un filo il latte nel composto di uova e zucchero, senza smettere di mischiate, ma senza sbattere per non creare schiuma. Mettere il composto nei bicchierini ed eliminare eventualmente la schiuma che possa formarsi.
Cuocere in un bagno maria coperto in forno a 180° durante 25-30 minuti, con acqua bollente fino alla metà dei bicchierini. Una volta cotti, la superficie dovrà essere liscia e brillante.
Servire tiepidi o freddi.


venerdì 18 marzo 2011

Petto di anatra al miele su gratin di rape...e Aristotele in cucina.

Siete innaisti o empiristi? Credete che l'uomo nasca con algune cose nella testa già programmate oppure pensate che invece, nasciamo come una Tabula rasa e che quindi tutto ciò che siamo deriva unicamente dalle nostre sensazioni?
Siamo quel che siamo, da prima di nascere, come sosteneva Platone o formiamo il nostro essere attraverso le esperienze della vita, come affermava Aristotele?
Devo dire che con il passare degli anni son diventata sempre di più aristotelica. mi rendo conto sempre di più di come gli eventi ci cambiano, di come mutino le nostre idee attraverso le percezioni e le esperienze che la vita ci riserva e che a volte ci travolgono.
Credo che le mie idee nascano da ciò che vedo, dai profumi che sento, dalle sensazioni al tatto. Quando scrivo lo faccio in base a ricordi, o a ciò che ho udito, visto, respirato, provato o sentito dire dalle persone che hanno arricchito la mia esistenza.
Lo stesso succede con quel che cucino, tutto deriva dalle sensazioni già percepite. So che un ingrediente si sposa bene con un altro, solo perchè li ho già provati tutti e due separatamente, annusati insieme e immaginati nello stesso piatto, e il risultato alla fine è sempre una sopresa nuova e soddisfacente, una nuova esperienza, che si aggiunge alle altre per formare ciò che sono e divengo ogni giorno. Aristotele passa spesso per la mia cucina a curiosare.
Per questo son sicura che sono venuta al mondo senza idee nella mia testa...di rapa.






Petto d'anatra al miele e timo, 
su gratin di rape con zabaglione allo zafferano

Ingredienti per 4 persone
2 petti di anatra
6 rape
3 rametti di timo
4 tuorli d'uovo
750 ml di brodo di pollo
100 ml di vino bianco secco
6 cucchiai di miele
1 pizzico di zucchero
un pizzico di zafferano




Scaldare il forno a 180°. Lavare e sbicciare le rape e tagliarle a fette di circa 5 mm di spessore e farle cuocere nel brodo di pollo. In un altra pentola, portate a ebollizione il vino bianco e lo zafferano, filtrare e conservare in frigo. In un recipiente a bagno maria, sbattere i tuorli d'uovo con lo zucchero e un pizzico di sale, fino a ottenere una preparazione schiumosa. Togliere quindi dal fuoco e aggiungere il vino bianco, sbattendo forte per incorporare bene il tutto. Disporre le rape già cotte in un piatto da forno, versarci sopra la salsa di uova e vino e infornare per 10 minuti circa.
Mentra si cuoce il gratin, fare a cubetti i petti di anatra e farli soffriggere in una padella con un poco di olio o burro a fuoco vivo. Salare e pepare e lasciar cuocere. Aggiungere il miele e il timo e far impregnare bene la carne nel miele e lasciare caramellizzare un poco.
Disporre i cubetti di anatra sul gratin di rape e servire immediatamente.






Con questa ricetta partecipo al contest di Vaniglia, Zenzero e Cannella:

lunedì 21 febbraio 2011

Pilaf di granchio e zafferano...e le storie che galleggiano in cucina

Ho sempre un taccuino in cucina. E no, non serve a fare appunti su dosi, pesi e passaggi di ricette inventate, per quello ho ancora una buona memoria e un quaderno a parte.
Il taccuino che vive in cucina è custode di appunti di quelle storie che galleggiano leggere nell'aria della mia cucina, ogni volta che senza farlo apposta, qualche ingrediente o una ricetta mi porta a sognare a occhi aperti, a inventare, pensare o ricordare una storia.
Mi capita molto spesso di pensare alle vite che s'incrociano nella mia cucina. Ogni prodotto ha dietro di se tante storie, persone e mani che han lavorato per farlo arrivare fino a me.
E come se ad un tratto potessi vedere i loro volti, le loro mani e le loro storie, sfocate e sbiadite, sospese fra il piano di lavoro e i fornelli.
Mentre preparavo questa ricetta ho visto quei forti, coraggiosi e muscolosi uomini che lasciano le loro vite e famiglie per imbarcarsi verso l'Alaska, alla pesca del granchio, il lavoro miglior pagato al mondo e il più pericoloso. Uomini che con la nostalgia nel cuore, partono per vari mesi all'anno ad affrontare la furia di onde giganti e temperature algide in situazioni tese, dove un piccolo errore può costare la vita.
E il mio pensiero raggiunge poi quelle famiglie nel lontano Kashmir, che nel mese di novembre escono tutti insieme per la raccolta dei crochi da zafferano. Uomini donne e bambini, famiglie intere si recano in allegria a partecipare a questa festa annuale. Immagino quei campi viola, distese ripide, un delicato tappeto di fiori, un filo di vento che li muove piano e la luce magica e dorata dell'alba e del tramonto, le ore di raccolta, perchè i fiori devono essere raccolti chiusi per proteggere quei tre preziosi pistilli, oro commestibile.
E poi le donne d'esperienza, il capo coperto, il viso segnato dal passare del tempo che con mani rugose e delicate, sedute sulle soglie delle case,  staccano e mettono da parte lo zafferano, unico sostegno economico delle loro famiglie, durante un lungo anno, fino a una nuova raccolta.
Quante storie, quanto lavoro e quante mani si incontrano in una cucina, come piccoli spiriti che arrivano, ti raccontano un segreto, ti strizzano un occhio e se ne vanno silenziosi.
Vite distanti, culture completamente distinte, da due angoli di mondo così lontani, sotto due lembi dello stesso cielo, si sono incontrati ignari in questo piatto.





Ingredienti per 4 persone
200 gr di polpa di granchio (io granchio d'Alaska)
300 gr di riso basmati
1 cipolla
30 gr + una noce di Burro
Pistilli di zafferano
Polvere di zafferano
sale
pepe

Tagliare finemente la cipolla. Far riscaldare i 30 gr di burro in una pentola a doppio fondo e farci soffriggere la cipolla. Quando la cipolla sarà dorata, aggiungere il riso e farlo ben impregnare di burro. Aggiungere acqua fino a coprire il riso (normalmente due volte il suo volume), il sale e il pepe. Aggiungere la polpa di granchio e i pistilli di zafferano. Portare a ebollizione, quindi coprire e abbassare il fuoco. Lasciar cuocere a fuoco lento fino al completo assorbimento dell'acqua. Prima di servire, incorporare una noce di burro e spolverare di zafferano in polvere.




E con questa ricetta partecipo al Contest Il Mare nel Piatto del Blog